ETTORE SALADINI
Cronaca

La metamorfosi della Bovisa: dalle industrie all’università. “Ma siamo isolati dalla città”

Viaggio nell’ex quartiere operaio dove il “padrone“ è diventato il Politecnico. “La zona è migliorata. Ora non si pensa più al passato, si guarda al futuro “. Resta il problema dei collegamenti: “C’è solo il passante, che di notte chiude”

Il parco e le gru intorno ai vecchi gasometri della Bovisa che verranno riconvertiti (Foto Canella)

Il parco e le gru intorno ai vecchi gasometri della Bovisa che verranno riconvertiti (Foto Canella)

Milano – Bovisa è un quartiere con due anime. La prima è quella storica, di periferia industriale e operaia, un tempo sede di grandi stabilimenti produttivi e di cui oggi è rimasto solo il ricordo negli edifici riconvertiti e nei gasometri vuoti. La seconda, invece, è quella dei quasi 20mila studenti del Politecnico. Giovani, dinamici, studiano design e ingegneria, supportati da laboratori all’avanguardia dove il vento arriva a soffiare fino a 250km/h. Sono al centro del futuro del quartiere, ma al tempo stesso isolati dalla città.

I racconti

“Ho visto Bovisa cambiare con i miei occhi. Prima era un quartiere operaio e industriale, ma comunque benestante. Non ci sono mai state case popolari, era un posto dove si lavorava e le persone stavano bene. Mi ricordo benissimo la sala posa della Scala, dove costruivano i palchi per il teatro. Era un impianto meraviglioso”, racconta Rosario Gallo, da 33 anni nel quartiere con la sua gioielleria. “Adesso è tutta un’altra storia, le aziende non ci sono più e ora siamo famosi per gli studenti. Sono cambiati i tempi, è la delocalizzazione”. Con l’addio degli stabilimenti, nel tempo, è scomparsa anche la natura di villaggio operaio, fatto di tante piccole attività che tenevano vivo il tessuto sociale. Domenico Angarano è nel quartiere dagli anni ‘80 e ricorda con nostalgia il passato commerciale di Bovisa: “Un tempo i marciapiedi sembravano dei veri e propri supermercati. Ogni via aveva i suoi negozi in fila: panettiere, salumiere, droghiere, pastaio… Bastava camminare dritti per fare la spesa”.

Il Politecnico

A cambiare definitivamente il volto di Bovisa ci hanno pensato le sedi del Politecnico di Milano, arrivate nel quartiere tra gli anni ‘90 e i primi 2000. E ora, il futuro della zona è legato a quello dell’Ateneo: “Noi abbiamo una copisteria e lavoriamo quasi esclusivamente con gli studenti”, dice Elena Castoldi, titolare del negozio. “La zona è in crescita. L’università dà una bella spinta, stanno costruendo un nuovo studentato e rifacendo anche molte strade. Credo, però, che manchi attenzione per tutto il resto. Noi siamo contenti di avere gli studenti nel quartiere, ma vorremmo anche dei miglioramenti per noi. Sono anni che chiediamo un parcheggio, ma non è mai stato realizzato, tantomeno proposto”.

Gli studenti

A poca distanza dalla copisteria c’è uno dei campus universitari. Aule, laboratori, un bar, un grande parco con una rete per giocare a pallavolo e alcuni tavoli disposti intorno. Seduto a uno di questi, c’è un gruppo di ragazzi che sta studiando: “Io vorrei che Bovisa diventasse un centro di aggregazione, ma non c’è neanche un bar che rimanga aperto la sera. Venire qui è comodo per l’affitto perché costa meno e perché siamo vicinissimi all’università, ma non si vive benissimo. Si percepisce di essere ai margini di Milano”, racconta Gabriele Ferrari.

Le distanze

È proprio la distanza dal resto di Milano il problema”, aggiunge Anna Comparin, anche lei studentessa. “Spostarsi da Bovisa è molto difficile, bisogna prendere il passante ferroviario, che la sera chiude, oppure più di un mezzo. Siamo tagliati fuori anche dall’altra sede del Poli, in Città Studi. Non abbiamo lezioni in Piazza Leonardo Da Vinci, ma la vita sociale del Politecnico passa soprattutto da lì”. Poco più in là, sdraiati sul prato, ci sono altri studenti. Ridono e scherzano, hanno organizzato una specie di picnic: “Il problema per me è la sera. Quando fa buio e bisogna andare alla stazione di Bovisa io ho paura. Un tempo il Politecnico aveva addirittura organizzato delle scorte per gli studenti che dovevano tornare a casa alle residenze di Villa Pizzone”, racconta Celia Griffa.

“Bovisa negli ultimi anni, però, è migliorata. Soprattutto esteticamente. Certo, sì, ruota tutto intorno a noi. La zona sta migliorando di pari passo con l’università”, aggiunge Thomas Gibbons, anche lui studente. “Il resto del quartiere, a guardarlo, trasmette un senso di desolazione con i suoi ex-impianti, l’archeologia industriale e il parco dei gasometri. Ma a volte penso che, in fondo, abbia il suo fascino”.