BEATRICE RASPA
Cronaca

Strage di piazza della Loggia, la verità dopo mezzo secolo: 30 anni a Marco Toffaloni. Il portavoce dei familiari delle vittime Manlio Milani: “Nel 1974 già tutti sapevano”

Dopo otto ore di camera di consiglio la sentenza dei giudici bresciani che hanno condannato Toffaloni, all’epoca 16enne, ritenuto l’esecutore dell’attentato che fece 8 vittime e 104 feriti. Il sollievo e la rabbia dei parenti delle vittime: “Questa giustizia arriva in ritardo ma arriva”

Un'immagine dei momenti successivi alla strage di piazza della Loggia, il 28 maggio 1974. Tra le persone dietro il cordone di sicurezza si riconosce Marco Toffaloni (nel cerchietto)

Un'immagine dei momenti successivi alla strage di piazza della Loggia, il 28 maggio 1974. Tra le persone dietro il cordone di sicurezza si riconosce Marco Toffaloni (nel cerchietto)

Brescia, 3 aprile 2025 – Da 51 anni è il volto simbolo dei familiari della strage di piazza Loggia. Il volto pacato di chi cerca la verità senza arretrare ma senza accanimenti, senza derive giustizialiste, presente a tutti i processi – non solo a Brescia, ma anche a Roma e Milano – instancabile nella volontà di scandagliare le pieghe irrisolte della storia. Ieri Manlio Milani, che per la bomba del 28 maggio 1974 perse la moglie Livia, quando poco prima delle 18 è uscito dal Tribunale dei minori con in tasca la condanna a 30 anni nei confronti di Marco Toffaloni, aveva gli occhi lucidi. Da un lato è apparso sollevato, perché sa che il verdetto, seppure di primo grado, potrebbe avere un peso nell’altro processo tuttora in corso davanti alla Corte d’Assise, quello a carico dell’amico di Toffaloni Roberto Zorzi, l’altro presunto esecutore materiale della strage. 

Arnaldo Trebeschi, che nella strage di Piazza della Loggia perse il fratello e la cognata, insieme alla moglie
Arnaldo Trebeschi, che nella strage di Piazza della Loggia perse il fratello e la cognata, insieme alla moglie

Il peso del tempo

Dall’altro è sembrato di colpo rimpicciolito, schiacciato da una fatica che d’un tratto si è fatta troppo gravosa: “Oggi più che mai sento il peso del tempo che è passato – ammette, con un filo di voce –. Soprattutto perché questa condanna certifica che tutti sapevano tre giorni dopo la strage, e aspettare 51 anni per la verità davvero è una cosa che mi sconvolge, mi riempie di domande, mi lascia attonito. Mi chiedo – prosegue con il groppo in gola –: ma perché non si è cercato di impedire? Se penso che dopo piazza Loggia c’è stato il treno Italicus, e poi altre stragi. In questo processo sono emersi questi aspetti, e le motivazioni saranno importantissime. Qui è emerso un quadro complessivo in cui le coperture erano il dovere assoluto, alla faccia del nostro Paese, e questo mi pesa enormemente”. 

Manlio Milani, presidente dell'associazione familiari dei caduti di piazza della Loggia
Manlio Milani, presidente dell'associazione familiari dei caduti di piazza della Loggia

“Il mio grazie ai magistrati” 

Tira un respiro profondo: “Sì, è giusto che ci sia stata questa sentenza e lo è che i magistrati siano andati avanti a fare il loro lavoro, ma è ingiusto che la magistratura sia messa sotto attacco in questo momento, perché vuol dire accentuare quella sfiducia nelle istituzioni che è stata il prodotto del terrorismo e oggi sembra proseguire”. E poi, lo sfogo: “Cinquant’anni dopo ci troviamo di fronte alla conferma di quella strumentalizzazione politica che è stata fatta della storia – si rammarica –. Arriva in ritardo questa giustizia, ma arriva, e per questo dobbiamo ringraziare i nostri magistrati che hanno condotto indagini e processo. Ma non posso nascondere la rabbia: chi sapeva ha taciuto. Ricorderò sempre il generale Gianadelio Maletti quando in aula ammise “noi sapevamo che il 28 maggio a Brescia doveva accadere qualcosa ma non pensavamo nei confronti delle persone“. "Le persone sono morte, e lui ha continuato a tacere. Le coperture rischiano di rimanere tali per sempre. Cinquant’anni trascorsi dovrebbero insegnarci qualcosa, eppure mi pare che non abbiano insegnato nulla. Se penso al decreto sicurezza e all’articolo 31, che vuol lasciar libertà assoluta a settori dei servizi segreti, ecco, qualcuno dovrebbe riflettere”.