FEDERICA PACELLA
Cronaca

Moira Cucchi alla mostra di Venezia: un docufilm per dimostrare che la violenza sulle donne si può battere

Bresciana, testimonial della onlus Wall of Dolls, per anni è stata vittima dei soprusi dell’ex marito: “In gravisanza provò a buttarmi dalla finestra, sono scappata con i bimbi quando ho visto le vesciche sul corpo di mio figlio”

Moira Cucchi (a sinistra) ambassador della onlus Wall of dolls che ha portato a Venezia il docufilm ‘I mille volti della violenza’

Moira Cucchi (a sinistra) ambassador della onlus Wall of dolls che ha portato a Venezia il docufilm ‘I mille volti della violenza’

Brescia, 5 settembre 2025 – Da Brescia alla Mostra del cinema di Venezia per dire a tutte le donne vittime di violenza che non sono sole e che possono farcela. Lei, Moira Cucchi, è sopravvissuta alla violenza esercitata dall’ex marito, già condannato in via definitiva a 4 anni (al tempo non c’era il Codice Rosso).

Oggi, insieme all’avvocatessa bresciana Silvia Lancini, è ambassador della onlus Wall of dolls che ha portato a Venezia il docufilm ‘I mille volti della violenza’ (a parlarne Jo Squillo e Francesca Carollo). Tra le testimonianze, quella di Cucchi e del figlio Sean, che affianca la madre nell’impegno di aiutare le vittime e provare a cambiare il substrato culturale in cui le violenze nascono.

“Sui social ricevo messaggi da uomini che mi accusano di essere una esaltata, una rovina famiglie, perché spingo le donne a riprendersi la propria libertà invece di restare al servizio del loro uomo. Questi messaggi sono la prova che quello che faccio è davvero necessario”.

Cucchi ha scelto di raccontare (anche con i social) la sua storia. “Quando ci siamo conosciuti ero molto giovane. Era un bel ragazzo, un simpaticone. Non lo sapevo, ma aveva già un’altra fidanzata: tipico del narcisista patologico, che non sa stare solo”.

Dopo un anno, i due si sposano e restano per un po’ nella cascina dei genitori di lei. “Dopo il matrimonio, c’è il primo tentativo di aggressione, perché ormai era certo che io fossi sua. Veniva due o tre volte al giorno in ufficio per vedere se ero davvero lì, mi ha isolato da tutte le mie amicizie. Ero incinta del primo figlio quando ha cercato di buttarmi dalla finestra, prendendomi per il collo”.

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Quando la coppia va a vivere da sola nella nuova casa, inizia l’escalation di aggressioni fisiche, sulla donna e anche sul primo figlio. “Sul secondo ha fatto violenza psicologica, tanto che lui ha rimosso tutto di quegli anni, segno anche questo di quanto sia profondo il trauma. Io mi stavo lasciando morire, per le botte che mi dava, per le umiliazioni. Ad esempio, a cena, io dovevo stare per terra e sedermi al tavolo solo quando lui mi dava il permesso. Purtroppo si passa così tanto tempo a sentirsi dare dell’incapace, che si finisce col crederlo”.

Quando Moira vede le vesciche lasciate dal marito sul corpo del primo figlio, decide che è arrivato il momento di dire basta e scappa con i bambini. “Solo l’amore che ho per loro mi ha dato il coraggio di farlo”. Iniziano così le denunce, ma anche lo stalking, il revenge porn, la violenza economica. “Si nascondeva in casa, di notte. Ringrazio la mia famiglia, gli amici, che hanno fatto i turni per non lasciarmi sola, che mi hanno spinto ad aprire gli occhi. Adesso siamo sereni, ho l’affidamento esclusivo dei figli. Alle vittime di violenza dico che si può uscire dall’incubo, perché ciascuna è più forte e capace di quanto creda”.