Marcheno, omicidio Mario Bozzoli: il nipote Giacomo condannato all'ergastolo

Il giovane è l'unico imputato del delitto di Mario Bozzoli. Accolta la richiesta di condanna avanzata dai pm, la difesa invece aveva chiesto l'assoluzione

Da sinistra Giacomo Bozzoli con i suoi legali dello studio Frattini

Da sinistra Giacomo Bozzoli con i suoi legali dello studio Frattini

Brescia, 30 settembre 2022 - Ergastolo. E' questa la condanna inflitta a Giacomo Bozzoli - uno dei due figli di Adelio, unico imputato dell'omicidio dello zio Mario aggravato dalla premeditazionea e della distruzione del cadavere - dalla Corte d'Assise di Brescia,  presieduta dal giudice Roberto Spanò, dopo dieci ore di camera di consiglio. E' stata dunque accolta la richiesta di condanna avanzata dai pm, la difesa invece aveva chiesto l'assoluzione. 

Il mistero dall'8 ottobre 2015

Il grande mistero di Marcheno è iniziato la sera dell'8 ottobre 2015, quando l'imprenditore Mario Bozzoli, titolare insieme con il fratello maggiore Adelio della fonderia di famiglia, svanisce nel nulla per non ricomparire mai più. Giacomo ha sempre respinto ogni accusa.  Come per tutto il processo tesi accusatorie e antitesi difensive (e viceversa) hanno colliso e si sono scontrate fino all'epilogo del processo. 

L'accusa

L'accusa. Drastici i pubblici ministeri Silvio Bonfigli e Marco Martani nel chiedere il carcere a vita per il giovane Bozzoli. Da tempo meditava di uccidere lo zio, che tentava di opporsi alla "gestione allegra" della fonderia e di controllare le merci in entrata e in uscita. Giacomo è nella zona dei forni della fonderia quando si perdono le tracce dello zio e quando, alle 19.18, dal forno grande esce la fumata anomala. Per l'accusa la fumata "certifica" la morte dell'imprenditore, che in quel forno ha trovato la sua tomba. Giacomo Bozzoli racconta di essere salito in ufficio alle 19.10 e di essere sceso sei minuti dopo. C'è un buco nei suoi spostamenti in coincidenza con le "fasi critiche" della scomparsa di Mario e della fumata. Il suo telefono è fermo per 45 minuti e torna attivo alle 19.24 quando cerca di chiamare la compagna Antonella. Una questione fondamentale: le telecamere. "Sono quelle che avrebbero potuto confortare la ricostruzione. Vengono neutralizzate da Giacomo Bozzoli, il solo che aveva i codici con Alex". E' la prova della premeditazione.  

Giuseppe Ghirardini è al lavoro su una ruspa fuori dalla fonderia. Gestiva il forno grande da cui si è sprigionata la fumata. Sei giorni dopo sparisce e viene ritrovato a Case di Viso, sopra Ponte di Legno, avvelenato da un'esca di cianuro. Suicidio, secondo i pm, il "suicidio parlante" di un uomo che dopo avere collaborato, dietro compenso da parte di Giacomo, alla distruzione del cadavere, è oppresso dal "peso enorme" del rimorso e attanagliato dalla paura che le indagini arrivino a lui perché "capisce di essere l'anello debole". E il compenso sarebbe rappresentato da quei 4.400 euro in contanti, in pezzi da 500 e da 50, trovati nell'abitazione. 

La difesa

La difesa con l'avvocato Luigi Frattini chiede per Giacomo Bozzoli l'assoluzione piena perché il fatto non sussiste o per non avere commesso "alcuno dei fatti contestati". Assoluta mancanza di prove a carico, anzi prove dell'innocenza dell'imputato. Non esiste neppure un indizio, un minimo segno, che Mario sia stato aggredito e ucciso nella fonderia. Su Ghirardini la difesa contrattacca: "L'ultima tesi del pubblico ministero è che Giacomo uccide lo zio nella fonderia e consegna il corpo a Ghirardini perché metta il corpo nel forno grande". Questo provoca la fumata. "Dove è avvenuta l'aggressione? Sul pavimento della fonderia c'era polvere e unto, ma non sono rimaste tracce di sangue, di un'aggressione, del trascinamento di un corpo". Una persona in posizione eretta, tanto più un uomo alto e robusto come Mario Bozzoli, non sarebbe mai potuta entrare nel forno. Questo sarebbe stato possibile solo se trascinato dal nastro trasportatore, dove, però, non sono rimasti impressi né sangue né tracce biologiche. Se in seguito fossero stati introdotti nel forno altri rottami, il corpo sarebbe stato spinto nella parte dove avveniva la fusione. Allora il corpo sarebbe scoppiato e anche il forno.

Invece Mario è vivo anche dopo che si è sprigionata la fumata delle 19.18. C'è la prova che non è stato messo nel forno. Alle 19.19, un minuto dopo, Mario esce alla guida del muletto dal magazzino dei pani e viene ripreso dalla telecamera 1. Il difensore ha mostrato in aula alcuni fermo immagine delle 19.19 e colloca tutti i presenti: anche se non si vede il volto, l'uomo sul muletto può essere soltanto Mario Bozzoli. Lo diranno la mattina del 9 ottobre anche gli operai al lavoro la sera prima.  L'operaio Abu ha testimoniato di avere incrociato il suo principale intorno alle 19.30 avviarsi verso gli spogliatoi. Verso le 22 Abu era nell'area forni e riferiva che l'auto di Mario era ancora parcheggiata, cosa che gli era sembrata strana. "Perché - ha incalzato Frattini - dovrebbe dire il falso? "Alle 19.33 Giacomo esce con la sua auto. Come avrebbe potuto Giacomo aggredire Mario, ucciderlo, in meno di tre minuti? E dove?".