FEDERICA PACELLA
Cronaca

Depuratore del Garda, esposto alla Corte dei Conti. Il fronte dei sindaci del Chiese contro il piano di Montichiari e Gavardo

Sono venti i comuni della Val Sabbia firmatari, insieme ad altri 10 in provincia. I costi sono aumentati in modo significativo da 3,66 milioni di euro a oltre 5,4

La manifestazione contro il depuratore lo scorso aprile

La manifestazione contro il depuratore lo scorso aprile

Brescia, 24 novembre 2024 – Esposto alla Corte dei Conti del fronte dei sindaci del Chiese contro il depuratore del Garda a Montichiari e Gavardo. Come annunciato, l’esposto è stato inviato anche con la firma dell’ultimo comune che si è aggiunto, quello di Acquafredda. Sono così 20 i Comuni della Val Sabbia firmatari, oltre alla Comunità montana, più altri 20 del resto della provincia. In attesa di vedere l’evoluzione, dopo che il prefetto Andrea Polichetti, commissario straordinario, ha parlato di uno stop al progetto Gavardo/Montichiari a favore di uno con un’unica localizzazione, è partita comunque anche la nuova azione legale dei primi cittadini che evidenziano le criticità sui costi. 

L’ipotesi su cui indagare

Nel ricorso, si ricorda che una parte dei fondi, pari a 700mila euro, è stata erogata immediatamente per consentire il raggiungimento di un livello progettuale idoneo all’affidamento dei lavori, ma, secondo i sindaci, non ci sono tracce documentali che dettaglino come questi fondi siano stati spesi. Inoltre, i costi del progetto sono aumentati in modo significativo senza giustificazioni adeguate, passando da 3,66 milioni di euro a oltre 5,4 milioni di euro, aumento che non è stato accompagnato da giustificazioni dettagliate. Considerando che le condotte sublacuali potranno funzionare fino al 2035 (non c’è, quindi, la bomba ecologica pronta ad esplodere che aveva giustificato l’urgenza di un impianto nuovo), “gli esponenti chiedono alla Procura di accertare la presenza di un eventuale danno erariale e di essere sentiti personalmente”.

“Poca trasparenza”

“Non possiamo che ricordare come tutto l’iter progettuale sia stato contraddistinto da mancanza di trasparenza fin dall’inizio – commenta Filippo Grumo, comitato Gaia di Gavardo – dagli studi “secretati“ da parte di enti che dovrebbero essere “pubblici” che portarono anche l’Università di Brescia a perdere un ricorso per aver negato dei documenti alla famosa mail falsa su cui ancora non si sa nulla su chi fu l’autore. Bene quindi che le istituzioni territoriali chiedano chiarezza su come vengono spesi soldi pubblici, cioè nostri. Dobbiamo rimarcare come la parte trentina, sia sul fiume Chiese che nel lago di Garda sembra completamente disinteressata su cosa succede al di fuori dei propri confini amministrativi”.