
Laura Ziliani, 55 anni, abbracciata con le figlie e sue assassine Silvia e Paola Zani, di 29 e 21 anni
Temù (Brescia), 11 luglio 2026 – Fino all’ultimo avevano sperato in una rivalutazione psichiatrica del trio criminale, sostenendo una presunta incapacità di intendere e di volere del gruppo. L’obiettivo era spuntare le attenuanti generiche. Ma la Cassazione ha bocciato il ricorso sul nascere, definendolo addirittura “inammissibile”. Il caso dell’omicidio di Laura Ziliani, l’ex vigilessa di Temù uccisa nel maggio 2021 dalle figlie e dal fidanzato di entrambe è chiuso. E l’ergastolo per Silvia e Paola Zani, 30 e 22 anni, e per Mirto Milani, 30, a cui sono stati inflitti sei mesi di isolamento diurno, è definitivo. Un punto e a capo per Lucia, la figlia mezzana mai indagata, affetta da un lieve ritardo mentale. Per lei il dramma è stata una deflagrazione che l’ha privata di colpo non solo della madre – il padre morì sotto una slavina nel 2012 – ma anche delle sorelle, all’improvviso ‘streghe cattive’ della storia.
“Quei tre hanno raccolto quello che hanno seminato – ha detto lei all’avvocato Stefania Ostan, il suo amministratore di sostegno – se la sono cercata: che paghino”. Lucia, che vive con una badante a Brescia in una delle case di famiglia, a fatica si è ricostruita una vita, Un passo dopo l’altro. Il pomeriggio è in compagnia degli amici in un centro diurno. Conta su nonna Marisa e sugli zii Massimo e Michele (“soprattutto Massimo è a sua totale disposizione, lo sente tutti i giorni”) ma cova una gran rabbia. “Vorrebbe anche adesso un confronto con Paola e Silvia, come sperava durante i processi – continua Ostan – ma temiamo uno sconquasso emotivo. Così evitiamo. Proprio ora che ha iniziato a star bene”.
Vorrebbe dirne quattro a quelle sorelle che sostenevano di preoccuparsi per lei ma fino a pochi mesi fa le avrebbero creato problemi con la vendita di un appartamento, necessario per il suo sostentamento, rivendicando le quote di proprietà ereditate dal padre. “A febbraio Paola e Silvia hanno rinunciato all’eredità della madre – spiega l’avvocato Piergiorgio Vittorini, per le parti civili –. Un atto tardivo, oltre che inutile, visto che erano già state diseredate dall’Assise”.
La tragica vicenda di cui Paola e Silvia, con l’appoggio dell’onnipresente Mirto, si sono rese protagoniste pare una fiction. È la mattina dell’8 maggio 2021 quando le ragazze diramano alle televisioni appelli lacrimevoli per la scomparsa della madre, a loro dire non rientrata da una passeggiata in montagna. La sera precedente, si scoprirà, hanno ucciso Ziliani dopo averla narcotizzata con le benzodiazepine infilate in un muffin preparato per la festa della mamma. Il trio l’ha strozzata a mani nude, l’ha soffocata con un sacchetto in faccia, l’ha sotterrata in biancheria intima in una buca scavata lungo il greto dell’Oglio così da simulare un incontro erotico finito male.
Ma tre mesi più tardi una piena restituisce il corpo. Il 16 aprile precedente, ispirandosi ai Borgia e Dexter e alle ricette Web, era stata la volta di una tisana imbottita di calmanti somministrata alla povera Laura, rimasta intontita tre giorni. Il primo a crollare, e a confessare al compagno di in cella, è stato il musicista, Mirto.

Poi, a ruota, le sorelle. In Assise sono volate accuse reciproche, scambio di messaggi e lettere, sfociati nella rottura del trio. In aula Paola e Silvia hanno adombrato l’idea di essere state manipolate da lui, interessato al loro patrimonio immobiliare, e indotte a credere che la madre intendesse avvelenarle.
Per il presidente della Corte d’Assise Roberto Spanò, un “fumettone criminale”, “un piano cervellotico a cui le serie Tv hanno offerto una forte componente di motivazione. Si è assistito a una recita di un copione per molti versi stucchevole e parodistico”. E la Corte d’assise d’appello: “Non vi è mai stato sbilanciamento dei ruoli tra i tre imputati, anche sotto il profilo della reciproca influenza: si è palesata la consapevole e voluta partecipazione di ciascuno sul piano ideativo ed esecutivo”.