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Bergamo: traffico di migranti dal Kurdistan, nove indagati

L’inchiesta della squadra mobile avviata in seguito a un aumento anomalo delle richieste di asilo politico effettuate da cittadini turchi all’ufficio immigrazione della città orobica

Le perquisizioni sono state effettuate dalla polizia di Bergamo (Archivio)

Le perquisizioni sono state effettuate dalla polizia di Bergamo (Archivio)

Bergamo, 29 luglio 2025 – Utilizzavano l’Italia come punto d’appoggio e “trampolino di lancio” per il trasferimento irregolare di migranti curdi in numerosi Paesi dell’Europa centro-settentrionale. Sono queste le accuse rivolte a nove persone – quattro arrestate e cinque denunciate a piede libero – nell’ambito dell’operazione “Yolcu”, condotta dalla squadra mobile della questura di Bergamo con il coordinamento della Procura della Repubblica locale.

Tutti gli indagati sono cittadini di etnia curda residenti nella provincia di Bergamo e sono ritenuti responsabili, a vario titolo, del reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina con l'aggravante della transnazionalità, oltre che di riciclaggio di denaro.

I provvedimenti

Nel corso della mattina, sono state eseguite perquisizioni e sequestri presso le abitazioni e altri locali a disposizione degli indagati. Tra i beni sequestrati ci sono anche tre veicoli, che sarebbero stati impiegati per il trasporto dei migranti.

L'indagine, avviata nel 2023, ha preso avvio in seguito a un anomalo aumento di richieste di asilo politico da parte di cittadini turchi presso l'Ufficio Immigrazione di Bergamo. Da qui, gli investigatori hanno ricostruito l'esistenza di una presunta rete criminale ben organizzata, impegnata nel traffico illecito di migranti lungo la cosiddetta "Rotta balcanica".

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Il metodo

Secondo quanto accertato, il gruppo criminale pianificava l'ingresso irregolare in Italia di numerosi migranti provenienti dal Kurdistan turco, con l'intento di proseguire verso altri paesi dell'Europa centro-settentrionale.

Il modus operandi prevedeva l'aggancio dei migranti in Turchia, dove venivano imbarcati su voli per Sarajevo. Una volta giunti nella capitale bosniaca, grazie al supporto di cellule locali dell'organizzazione, venivano caricati su furgoni e camion diretti verso il confine croato e, successivamente, trasportati fino a quello italo-sloveno.