
Il milanista Chaka Traorè qui festeggia sorridente la vittoria in Supercoppa a Riyad con la prima squadra
Dietro a un gol, a un’esultanza o a una smorfia ci sono anche un’infinità di storie. Nei campionati professionistici ma ancor di più nell’universo del calcio giovanile. Carriere più in discesa talvolta, intrise di fatica, disperazione e povertà dall’altro. I migranti del pallone sono migliaia in tutta Europa: ogni giorno tantissimi ragazzini poco più che bambini lasciano l’Africa con i barconi in cerca della “terra promessa“ che in quel caso è una sfera di cuoio che rotola in Europa. Meglio ancora se in Italia. Un percorso agli antipodi rispetto a quello dorato o almeno più comodo di tanti coetanei, che arrivano sui palcoscenici professionistici dopo una trafila sui campetti in erba, con le scarpette bullonate e i palloni di marca. Gli “sciuscià“ del calcio che arrivano dal Continente Nero hanno tante speranze, per loro quel pallone diventa la fortuna più grande. Soprattutto se sulla loro strada incrociano osservatori scrupolosi. Come quelli di Milan e Atalanta, bravi a intercettare talenti cui dare una chance.
Come Chaka Traorè, esterno offensivo ivoriano di 20 anni, che ha già conosciuto la gioia del gol con la prima squadra rossonera. Amico di Leao, fa la spola fra Milan Futuro (due gol e tre assist in 17 presenze nel campionato di serie C) e la prima squadra. È stato il più precoce 2004 ad esordire in serie A (il 10 aprile 2021 proprio contro i rossoneri, ma allora giocava nel Parma), poi contro il Cagliari ha timbrato il primo gol nel massimo campionato e ha persino debuttato in Champions contro il Borussia Dormund. La scorsa estate il Milan gli ha prolungato il contratto fino al 2028. Tanta roba per il giovanotto sbarcato in Italia in un traffico di baby talenti con un nome falso (Cissè) e un faccendiere che poi venne arrestato non avendo rispettato le regole per i minorenni, spacciando il suo arrivo come un ricongiungimento familiare fittizio. Traorè fu considerato parte lesa della vicenda e continuò a inseguire il suo sogno approdando a Milanello nell’estate del 2021.
Dalla traversata del Mediterraneo, a soli 15 anni, poco più che bambini, fino alla maglia nerazzurra dell’Atalanta, con cui hanno esordito in serie A per poi passare in C prima che le strade si separassero. Loro sono Moustapha Cissè, attaccante di 22 anni, e Aleussane Sidibe, centrocampista di 23 (lo scorso settembre passato a titolo definitivo all’Arka Gdynia, nella serie B polacca). “Gemelli diversi“, quasi coetanei, nati nel cuore dell’Africa più povera e popolosa: uno in Guinea e l’altro in Costa d’Avorio. I due ragazzi arrivati da rotte diverse fino alle coste tunisine e libiche, approdati in Sicilia per poi ritrovarsi a Bergamo, nella ‘casa del giovane’, la foresteria che ospita i talenti della Cantera di Zingonia, dove la loro storia ha cominciato a correre su un binario parallelo. Compagni nella Primavera, il debutto in serie A nel 2022 quasi contemporaneamente (col botto quello di Cissè grazie al gol decisivo nella vittoria a Bologna). Poi i prestiti in B e la nuova occasione in maglia nerazzurra, in serie C, nell’Atalanta under23. Fin quando, lo scorso settembre, i loro destini si sono divisi. Cissè da luglio è in prestito al San Gallo nella Super League svizzera: 16 partite, due gol e due assist. Ma è ancora di proprietà dell’Atalanta. E Gasperini, che lo ha lanciato, lo tiene d’occhio, pronto a richiamarlo per regalargli la gioia più bella.
Giulio Mola