GABRIELE MORONI
Cronaca

Il delitto di Laura Bigoni, l’inchiesta riaperta e il fidanzato assolto: “Ora mi auguro giustizia”

Gianmaria Negri Bevilacqua nel 1993 fu accusato e scagionato. Spera "di cuore" in una svolta. Sul tavolo dei pm una teste e tre fantasmi: il taxi giallo, un uomo senza nome e una donna bionda in lacrime

Laura Bigoni

Laura Bigoni

«Mi auguro giustizia. Di cuore". Poche parole per commentare la decisione della Procura di Bergamo di fare ripartire, a trent’anni di distanza, le indagini sull’omicidio di Laura Bigoni. Per il resto Gianmaria Negri Bevilacqua sceglie il silenzio. Gli anni lo hanno ingrigito. Hanno stinto e alla fine cancellato l’immagine di Jimmy, il dongiovanni del Gratosoglio che divideva la sua vita sentimentale in bilico fra la fidanzata storica, sua coetanea, e Laura Bigoni, bella ragazza milanese di 23 anni.

Trent’anni dopo. Da cinque Gianmaria Negri Bevilacqua ha doppiato la boa della cinquantina. Continua il lavoro nel negozio di famiglia, a Milano. Offre di sé un’immagine di maturità serena. È consapevole che il passato lo insegue e non smetterà di farlo anche se è stato assolto con la più piena delle formule, per non avere commesso il fatto, scagionato per sempre dall’accusa terribile di essere uno spietato assassino: quello che la notte del primo agosto del 1993 trucidò Laura Bigoni con nove coltellate, nella casa di villeggiatura della ragazza, a Clusone.

È un altro il carnefice, protetto dallo scorrere del tempo e mai uscito dall’ombra. Ombra. Ombre che si rincorrono in quella notte in Val Seriana, come in un balletto macabro. Non è certa neppure l’unica luce che brillerebbe nella fosca storiaccia di Clusone. Illuminerebbe un locale dell’alloggio al numero 82 di via Mazzini quando, alle 2.30, Laura rientra in compagnia di Marco Conti, ventenne tornitore di Endine entrato nella vicenda come "il biondino", anche se ha i capelli castani. Laura l’ha conosciuto quella stessa sera alla discoteca Collina Verde, gli ha confidato le sue pene d’amore.

La luce (tesi degli inquirenti) è stata accesa dall’assassino, un assassino che disponeva delle chiavi e conosceva l’appartamento. I giudici dell’Assise d’appello di Brescia hanno assolto Jimmy e la fidanzata (accusata di favoreggiamento per avere confermato che la notte dell’omicidio il fidanzato era con lei). Nella motivazione della sentenza definiscono "non del tutto peregrine" le ipotesi "che non ci fosse alcuna luce accesa e la Laura all’ultimo momento non se la sia sentita di far salire in casa un perfetto estraneo... o che addirittura abbia visto o creduto di vedere una qualche luce trapelare da qualche altra finestra e non abbia voluto correre il rischio di essere notata da qualche inquilina".

Si allontanano. Ritornano. Laura sale. Marco attende inutilmente. Si affaccia sul cancello. Occhieggia. È allora che lo sorprende l’ombra. È nel porticato interno della casa, un uomo fra i 45 e i 50 anni. Il "biondino" pensa che si tratti del padre della nuova amica e batte in ritirata. In quei momenti Laura Bigoni sta fronteggiando il suo carnefice. Oppure è già morta. Nessuno sente, nessuno raccoglie in un condominio dove le orecchie sono così sensibili da percepire il rumore dei passi della ragazza che rincasa. La notte più lunga di Clusone si popola di ectoplasmi. Una barista di via Mazzini sostiene di avere scorto, verso le 3.30, una donna dalla lunga chioma bionda. Forse ha l’aria sconvolta o fors e non l’ha. Forse piange o forse no. O forse è solo di passaggio. Altri tre testimoni dichiarano di avere visto un taxi giallo targato Milano, con a bordo due persone, sotto casa Bigoni, tra le 3.55 e le 4.25. Non è mai stato identificato l’uomo notato da una vicina (ha escluso che si trattasse di Jimmy) a colloquio con Laura sulle scale di casa la notte del venerdì che precede il delitto. La madre della vittima si accorge della sparizione di alcuni oggetti: un collier, suo regalo alla figlia, alcuni anellini, un copriletto bianco, due coltelli da cucina, uno dei quali molto vecchio e arrotato.