Coppia dell'acido: Martina torna in carcere, il figlio in comunità. Ma potranno vedersi

Nel pomeriggio Martina Levato ha lasciato la clinica Mangiagalli di Milano, dove all’alba di Ferragosto ha dato alla luce un bimbo con parto cesareo. Martina è stata riportata nel carcere di San Vittore, mentre il bimbo è stato preso in carico dai servizi sociali, che lo affideranno poi a una comunità per minori. Il Tribunale: "Lei non rispetta la vita" L'ESCLUSIVA - I colleghi del padre di Martina: "Non separate madre e figlio" - la lettera

 Alexander Boettcher e Martina Levato condannati per aggressione con acido (Ansa)

Alexander Boettcher e Martina Levato condannati per aggressione con acido (Ansa)

Milano, 21 agosto 2015 - I giudici del Tribunale dei minori hanno deciso che il figlio di Martina Levato e Alexander Boettcher,  condannati a 14 anni di carcere per aver sfigurato con l'acido Pietro Barbini, venga affidato dei servizi sociali del comune che sono incaricati di trovargli un posto in una comunità per soli bambini. La mamma, il papà e i nonni potranno vederlo in incontri protetti e regolati dai servizi sociali che dovranno fare una relazione entro il 30 settembre nell'ambito del procedimento di adottabilità.

"NON IN GRADO DI FARE I GENITORI" - Martina Levato e Alexander Boettcher non sono in grado in questo momento di accudire il figlio. Lo sostengono i giudici del Tribunale dei minori di Milano nel provvedimento col quale hanno disposto che il bimbo venga messo in una "comunità per soli minori anche di tipo familiare". "Si ritiene - è quanto scrivono nel provvedimento firmato dal presidente Antonella Brambilla - che entrambi i genitori del minore non siano in grado, per quanto emerso finora dagli atti, di potersi occupare adeguatamente del figlio, per tutte le ragioni esposte ed anche considerato lo stato detentivo di entrambi, che al momento si prospetta in tempi più lunghi rispetto alle prime fasi di sviluppo dell'infanzia del bambino". "Il collegio ritiene quindi che la soluzione piu' rispondente all'interesse dal bambino sia il suo collocamento presso una comunita' per soli minori anche a carattere familiare, ove lo stesso possa essere educato e assistito moralmente, pur continuando ad incontrare entrambi i genitori (il padre dal momento in cui si perfezionera' l'iter del riconoscimento) con modalita' protette e osservate cosi' come i parenti entro il quarto grado che ne facciano richiesta". I giudici dispongono poi che il Comune compia "una indagine sociale sul nucleo familiare anche allargato dei genitori entro il 30 settembre 2015". 

"MARTINA NON RISPETTA LA VITA" - Nell'ordinanza i giudici minorili citano la perizia psichiatrica che nel processo penale aveva valutato Martina Levato come "soggetto borderline e pericoloso socialmente", come Boettcher. Riferimenti alla perizia che, secondo l'avvocato Laura Cossar, legale dei genitori di Martina, non sono appropriati perché la perizia era stata disposta in un altro procedimento, quello penale.  La "vicenda criminosa" evidenzia da parte di Martina Levato "un'assenza di pensiero e di sentimento rispetto alla vita". Lo scrive sempre il Tribunale per i minorenni che spiega anche come "il progetto procreativo e genitoriale non pare espressione dell'amore di due genitori che vedono nel bambino la realizzazione della propria unione nella psospettiva di adempiere alla realizzazione di un bene, ma anzi sembra essersi sviluppato insieme al progetto criminoso, che prende forma all'interno di una complessa relazione di coppia, caratterizzata da aspetti fortemente problematici e anche patologici inerenti la sfera affettiva e sessuale".  "Il bambino - si legge nel documento - e' stato cosi' completamente messo in secondo piano rispetto al loro progetto criminoso, sganciato dalla centralita' che un figlio dovrebbe avere nel pensiero dei genitori. Infatti, la Levato, pur consapevole del proprio stato di gravidanza, insieme al compagno, ha ordito e commesso azioni gravissime, anche con l'uso di sostanze pericolose, potenzialmente dannose per la propria salute e per quella del bambino che portava in grembo".

MARTINA DIMESSA, TORNA IN CARCERE - Nel pomeriggio Martina Levato ha lasciato la clinica Mangiagalli di Milano, dove all’alba di Ferragosto ha dato alla luce un bimbo con parto cesareo. Martina è stata riportata nel carcere di San Vittore, mentre il bimbo è stato preso in carico dai servizi sociali, che lo affideranno poi a una comunità per minori. Non tutti all'interno della clinica Mangiagalli di Milano avrebbero voluto dimettere già oggi la neo mamma e rispedirla a San Vittore. Un 'muro' eretto a protezione della ragazza da alcuni sanitari si sarebbe però scontrato con la volontà del pm Marcello Musso di rimandarla in carcere una volta ricevuta la lettera di dimissioni arrivata stamattina presto sul suo tavolo e firmata dai medici della Mangiagalli. Lettera di dimissioni che sembrava il preludio a un rientro immediato in carcere dopo la decisione del Tribunale dei Minori di separare il destino della ragazza da quello del figlio, assegnato a una comunita' tramite i servizi sociali.  Quando la giovane ha saputo che sarebbe tornata in carcere, è scoppiata a piangere.

IL LEGALE DELLA VITTIMA: "SUA LA VERA SOFFERENZA" - "Il paradosso è la vittimizzazione della coppia a cui, si dice, sarebbe stato strappato il bimbo, quando in realtà il tema centrale di questa vicenda sono le aggressioni micidiali che hanno causato sofferenza alle vittime". Lo ha spiegato l'avvocato Andrea Orabona, legale di Stefano Savi, lo studente universitario di 25 anni che, secondo le indagini, venne sfigurato con l'acido, così come Pietro Barbini, dalla cosiddetta 'coppia diabolicà formata da Alexander Boettcher e Martina Levato. "Capisco la situazione di questo bambino - ha aggiunto il legale che, in questi giorni, ha parlato con i genitori di Stefano - ma il nostro auspicio è che non si dimentichino le vere vittime della vicenda e di quelle aggressioni micidiali e che non si cada nel paradosso di rendere vittima la coppia". 

DIFESA: "ICAM O COMUNITA' DI DON MAZZI" - Questa mattina, il legale di Martina Levatol'avvocato Stefano De Cesare, aveva depositato al Tribunale dei minori di Milano un'istanza nella quale chiedeva che la ragazza e il figlio vadano all'Icam, la struttura che ospita madri detenute con figli piccoli. In subordine, il difensore della studentessa condannata a 14 anni di carcere per aver sfigurato con l'acido l'ex compagno di studi chiedeva che venisse mandata in una comunità di don Mazzi, il quale gli ha fatto pervenire in queste ore un documento di accettazione. Come terza possibilità, l'avvocato indicava i nonni materni. Sempre in questa istanza, De Cesare chiedeva che Martina potesse vedere il figlio per quattro ore e che potesse allattarlo direttamente. In questo momento, la ragazza non puo' allattare direttamente il bimbo e lo puo' vedere una volta al giorno e per un breve tempo.  In queste ore, l'avvocato De Cesare ha ricevuto il modulo con cui don Antonio Mazzi garantisce la disponibilità ad accogliere Martina Levato e il bambino. La scelta privilegiata dell'Icam viene spiegata dal legale col fatto che questa non imporrebbe di chiedere i domiciliari per Martina essendo l'Icam a tutti gli effetti una struttura dipendente dal carcere.

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