Nuovo ddl frontalieri, la reazione dei sindacati: perché non basta a risolvere i problemi

Nota congiunta delle organizzazioni italiane e svizzere: “Attenzione a non abdicare all’idea di trovare un’intesa con la Confederazione sulle questioni doppia imposizione fiscale e ristorni”

Milano, 3 luglio 2024 – Imposizione fiscale, assegnazione dei ristorni, rapporti Italia-Svizzera: il comparto dei frontalieri resta in subbuglio, a fronte dei numerosi temi sul piatto. Il governo ha cercato di “mettere una toppa”, con un nuovo disegno di legge riguardante “misure relative ai lavoratori frontalieri”, senza che questo documento, però, incontri il favore delle organizzazioni sindacali.

Una recente manifestazione di frontalieri (Cusa)
Una recente manifestazione di frontalieri (Cusa)

I problemi del ddl

Il progetto, scrivono i sindacati, vorrebbe “superare uno dei problemi sull’imposizione fiscale che l’applicazione pasticciata della nuova legge 83/23 del giugno scorso ha già prodotto in ordine alla distinzione tra vecchi e nuovi frontalieri e alla definizione dei Comuni di confine nella fascia dei 20 chilometri”. Nello specifico, si legge ancora nella nota congiunta dei sindacati confederali italiani e dei loro omologhi elvetici, “il legislatore intenderebbe ricomprendere negli elenchi dei Comuni di confine a partire dal 1° gennaio 2024, altre 72 nuove comunità locali precedentemente non contemplate, e non incluse negli elenchi cantonali, a cui garantire i ristorni fiscali futuri, escludendo espressamente crediti sul passato, pur qualificando i frontalieri residenti come nuovi frontalieri con tassazione concorrente secondo la norma introdotta nella legge di recente promulgazione”.

Tuttavia, sostengono i sindacati “nell’intento di non ‘discriminare’ sul trattamento tributario quest’ultimi rispetto ai frontalieri salvaguardati imponibili soltanto in Svizzera, il disegno di legge propone l’introduzione di un’imposta omnicomprensiva del 5% sostitutiva della fiscalità concorrente. Le tasse così versate sarebbero nelle valutazioni del Governo, nel complesso, pari a quelle dovute se tassati solo alla fonte come i vecchi frontalieri”.

Il legislatore, prosegue il comunicato, “propone inoltre di estendere il medesimo trattamento opzionale ai frontalieri dei Comuni della provincia di Sondrio che si recano in Ticino, con l’intento di risolvere per questa via l’annosa questione del cambio di stato dei vecchi frontalieri, ora considerati nuovi e quindi soggetti ai cambiamenti previsti dalla nuova legge a partire dall’anno fiscale in corso”.

La reazione dei sindacati

Tutte iniziative che non sembrano essere sufficienti a “sanare” le lacune evidenziate dalla mobilitazione dei lavoratori. Nel comunicato i sindacati affermano di prendere atto “del tentativo di dare una prima risposta ai lavoratori frontalieri rispetto alla confusione generata all’indomani della promulgazione della legge 83/23 per effetto dell’introduzione di ulteriori livelli impositivi a partire dalla famigerata tassa sulla salute per i vecchi frontalieri, nonché per effetto di interpretazioni restrittive rispetto al trattato internazionale sui Comuni di confini da parte dei Cantoni svizzeri”.

Epperò, si legge ancora nella nota, non si può “non rilevare come questa soluzione rappresenti la definitiva rinuncia del Governo a trovare un’intesa con Berna sulla materia; malgrado l’intesa amichevole italo-svizzera del 23 dicembre 2023 i Cantoni continuano a determinare elenchi di Comuni in maniera autonoma. Pur apprezzabile il tentativo di prevedere criteri ‘non discriminatori’ sul fronte tributario attraverso l’introduzione di un’aliquota opzionale, tuttavia non possiamo non evidenziare come tale procedimento ‘secco’ faccia venir meno il principio costituzionale della progressività fiscale”.

Non solo. L’aliquota opzionale, per i sindacati, “non tiene conto delle significative differenze determinate nella legislazione fiscale svizzera dei carichi di famiglia, introduce un’ulteriore elemento di doppia imposizione fiscale su coloro che, già imposti in Svizzera alla fonte, vengono nuovamente imposti in Italia senza godere del beneficio della detrazione delle tasse alla fonte e del credito d’imposta della franchigia”.

I rimedi proposti

Da qui una nuova serie di proposte, sorta di “emendamenti” al ddl che, secondo i sindacati, dovrebbero “superare le anomalie indicate”. In particolare, continuano i rappresentati dei lavoratori, si ritiene “necessario che l’opzione all’imposta sostitutiva alla nuova tassazione concorrente, per coloro i quali erano considerati vecchi frontalieri sino al 31/12/23 secondo le liste dei Cantoni (per l’intera provincia di Sondrio e per tutti i Comuni di altre province estromessi dalle tre liste cantonali), ovvero per coloro che sono residenti nei nuovi Comuni ricompresi nella fascia di confine dei 20 chilometri, sia pari alla differenza tra l’imposta alla fonte ordinaria prevista in Svizzera per i ‘vecchi frontalieri’ e l’imposta alla fonte effettivamente versata, recuperando per questa via, tanto la progressività fiscale quanto ogni differenza tributaria discriminatoria”.

Chiusura con la proposta di “una armonizzazione dei trattamenti fiscali che tengano conto anche delle differenze intercorse tra i rientri giornalieri e quelli settimanali”. Per quest’ultimi, laddove non ricorrano e optino per le retribuzioni convenzionali, è necessario procedere con l’applicazione della tassazione concorrente comprensiva del credito d’imposta della franchigia fiscale.