Strage Samarate, Alessandro Maja voleva sterminare la famiglia. Mai offerto risarcimento al figlio Nicolò, unico superstite

Le motivazioni della sentenza. La rabbia del geometra nei confronti della moglie per un presunto tradimento e la paura dei debiti all’origine del duplice omicidio e del grave ferimento del figlio a martellate. Esclusa l'aggravante della crudeltà

Alessando Maja in aula

Alessando Maja in aula

Samarate (Varese), 19 settembre 2023 - “Non vi è dubbio alcuno che Alessandro Maja volesse eliminare tutti i membri della propria famiglia, forse anche se stesso”. Sono 32 le pagine firmate dal presidente della Corte d'Assise Giuseppe Fazio, che motivano la sentenza di condanna all'ergastolo pronunciata dai giudici di Busto Arsizio lo scorso 21 luglio, a carico del geometra 58enne. Maya agì "in un contesto subdolo uccidendo la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia e riducendo in fin di vita il figlio Nicolò (unico sopravvissuto alla strage) colpendoli nel sonno di notte”.

La strage nel sonno

Gli omicidi furono commessi nella casa di famiglia, in via Torino, a Samarate. Anche il fatto di aver agito tra le mura domestiche è considerato particolarmente esecrabile dal giudice estensore. Il 58enne nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022 massacrò la famiglia (tra le 4 e le 5 del mattino) ammazzando moglie e figlia con una mazzetta e ferendo il figlio maggiore Nicolò, ridotto per molti mesi in sedia a rotelle. Maja, sulla cui capacità di intendere e di volere al momento dei fatti la Corte non nutre alcun dubbio, sarebbe stato schiacciato dalla convinzione di andare incontro a problemi economici da lui ingigantiti, ma dei quali non si è trovata traccia.

Nessun risarcimento al figlio Nicolò

Ma non è tutto. “Pur disponendo di beni immobili e di liquidità consistente, come affermato dall'amministratore di sostegno, Maja non ha mai offerto alcun risarcimento a sostegno delle lunghe e costose cure che il figlio ha affrontato e ancora dovrà affrontare”, si legge nella sentenza. La Corte rileva una particolare rabbia nei confronti della moglie “che da una decina di anni gli rifiutava rapporti sessuali” e che, a detta dell'imputato, lo “aveva tradito con un macellaio” oltre 30 anni prima.

Esclusa l'aggravante della crudeltà

I giudici hanno infine escluso l'aggravante della crudeltà (intesa in senso giuridico, è pacifico che un atto tanto violento sia considerato moralmente inaccettabile dalla Corte) "non avendo compiuto alcun atto aggiuntivo, durante gli omicidi e il tentato omicidio, tale da prolungare la sofferenza delle vittime”.