
Milo Manica, 31 anni, si occupa di conservazione della natura. La ricerca e divulgazione con il Gruppo Insubrico di Ornitologia.
Milo Manica, 31 anni, laurea magistrale in Scienze della natura a Pavia, si occupa di conservazione della natura e collabora con parchi, fondazioni, associazioni ed enti nella protezione, ricerca e promozione delle risorse naturali. L’impegno è rivolto soprattutto a progetti su uccelli e anfibi per il miglioramento ambientale dei loro ecosistemi e conservazione delle specie. È presidente del Gruppo Insubrico di Ornitologia odv e di Tutela anfibi basso Verbano odv, socio Lipu e della Società di Scienze Naturali del Vco.
Dottor Manica, quando è nata la sua passione per l’ornitologia?
"Ho sempre avuto interesse per la natura, ma si è sviluppato con il percorso di studi universitari a Pavia, quindi circa 10 anni fa, una passione che continua con il Gruppo Insubrico di Ornitologia con una settantina di soci che si occupa di ricerca ornitologica in provincia di Varese".
Il Gruppo fa anche divulgazione scientifica?
"Certo, con scrittura di libri, articoli scientifici, realizzazione di corsi per appassionati, collaboriamo con vari enti (università, forze dell’ordine, amministrazioni comunali) per promuovere la protezione degli animali di cui ci occupiamo. Accrescere la consapevolezza di ciò che ci circonda e coabita con noi è fondamentale e le osservazioni si possono fare ovunque, anche dalla finestra".
Il comportamento dei volatili è importante per capire lo stato di salute di un territorio?
"Gli uccelli vengono considerati dei bioindicatori, vuol dire sentinelle della qualità degli ambienti. Un esempio per tutti: un bosco senza picchi ci indica che non è in buona salute perché potrebbe essere soggetto a tagli troppo frequenti o tendere a banalizzarsi perché si riduce il numero di specie vegetali che lo compongono. Quindi sì, se gli uccelli frequentano un ambiente significa che c’è un equilibrio che in qualche modo si conserva".
Com’è la situazione nel Varesotto? Ci sono specie a rischio?
"Un indicatore usato a livello europeo, il farmland bird index, ci suggerisce che negli ultimi decenni stanno diminuendo in modo drastico le presenze di avifauna legata agli ambienti agricoli. Uccelli una volta molto comuni - rondine, saltimpalo, tortora selvatica, quaglia, allodola - sono in forte declino, questo avviene anche nella nostra provincia e i dati di una ricerca sugli ambienti agricoli condotta gli scorsi anni in collaborazione con i colleghi di altre province limitrofe purtroppo conferma la tendenza".
Ci sono comportamenti quotidiani, dei cittadini, che possono contribuire alla tutela?
"Ogni azione si porta dietro delle conseguenze, che possono essere positive o negative. Preservare i nidi, limitare l’uso di insetticidi, scegliere prodotti alimentari coltivati o allevati in modo sostenibile, rispettare i periodi di taglio degli alberi, preferire la mobilità dolce e i mezzi pubblici… sono tutte azioni che possono concorrere alla tutela della biodiversità".
In conclusione, di questi tempi con i problemi ambientali che si devono affrontare, che cosa possiamo imparare dagli uccelli, quali segnali ci stanno mandando?
"Il senso del limite, dobbiamo recuperare questo valore, ogni essere vivente ha i propri. Il genere umano superbamente cerca di dimenticarselo e spinge sull’acceleratore, ma senza una bussola si rischia di andare a sbattere. Alcuni uccelli, che scendevano da nord durante l’inverno per passare il periodo più freddo dell’anno sui nostri laghi, non si vedono più. È un segnale incontrovertibile dei cambiamenti in atto. Legato allo stesso concetto, va ristabilito il rispetto per la natura e i suoi abitanti: a breve sarà all’esame del parlamento una proposta per rivedere la legge sulla caccia, che prevede la caccia in zone demaniali, la cattura di uccelli da usare come richiami vivi, la delegittimazione del parere di Ispra. Fermiamoci prima che sia tardi e si trasformi il nostro Paese in una sorta di “far west” che è fuori dal tempo della storia".