San Colombano Qualità e coerenza Il consorzio al Vinitaly intreccia il suo futuro

L’appello: "Se acquistate una bottiglia verificate che l’etichetta riporti. Collina del Milanese che garantisce sull’indicazione geografica tipica".

San Colombano  Qualità e coerenza  Il consorzio al Vinitaly  intreccia il suo futuro

San Colombano Qualità e coerenza Il consorzio al Vinitaly intreccia il suo futuro

di Paolo Galliani

Una Cenerentola che va nella città di Giulietta (e di Romeo) contando almeno di farsi notare durante un evento che, come ogni anno, lungo le rive dell’Adige, metterà in vetrina il meglio della viticoltura e dell’enologia del Belpaese. Una vera impresa: al solito, le prime donne, al prossimo Vinitaly di Verona (2-5 aprile), saranno ben altre: il Chianti e la Franciacorta, le Langhe e la Valdobbiadene, il Friuli e le regioni vitate dell’arco alpino. E, si sa, non è nemmeno facile prendersi i riflettori potendo sfoggiare non più di 2 milioni di bottiglie l’anno. Ma i tempi sono cambiati, anche rispetto all’epoca in cui i rossi e i bianchi di San Colombano al Lambro erano considera “vinacci”, perché la qualità difettava più della quantità e i famosi “vini di Milano” (è nota l’appartenenza alla provincia ambrosiana di questa enclave collinare nel ben mezzo del Lodigiano) venivano considerati giusto “da tavola” e senza particolare nobiltà. Altri tempi, altra immagine.

E adesso il primo a volerlo dimostrare è proprio il Consorzio dei Vini di San Colombano che a Vinitaly avrà uno spazio collettivo rappresentativo di tutte le cantine (una decina) che aderiscono all’ente presieduto da Diego Bassi, seppure marcatamente presidiato da due aziende forti come la Poderi San Pietro e la Giuseppe Guglielmini e, in una posizione vicina, dalla Panizzari. Obiettivo dichiarato: avere visibilità anche durante una manifestazione internazionale di settore dove giocano player di dimensioni e mezzi ben più ampi di quelli dell’ente “banino”, uscito tutto sommato bene da un anno – il 2022 – non particolarmente felice in termini di produzione complessiva per via della siccità (-20% rispetto al 2021) ma promettente in termini qualitativi. I punti di forza sono noti: il forte interesse attorno per la spumantistica della zona, sia nella versione Charmat che in quella del Metodo Classico; il credito della Doc San Colombano Rosso ottenuta da Croatina, Barbera e Uva Rara, per la sua capacità d’invecchiare e di accompagnare la tipica cucina meneghino-lombarda; il buon nome della Doc “San Colombano Bianco”. E la crescente riscoperta dei vini IGT di indicazione tipica o garantita, sia nella versione rossa (frizzante e novello) che in quella bianca (frizzante e passito) dove spicca la “Verdea”, varietà particolarmente favorita dalle caratteristiche microclimatiche delle colline banine e attorno alla quale si salda la linea comunicativa del Consorzio nei confronti dei consumatori. Lo ripete proprio il presidente Bassi, impegnato, in questi giorni, a legare le viti della propria azienda, la Casa Valdemagna, utilizzando l’antica tecnica dei rametti di salice: "Se acquistate un nostro vino verificate che l’etichetta riporti la scritta Collina *del Milanese che garantisce sull’indicazione geografica tipica. In caso contrario significa che berrete un vino fatto con uve che non vengono totalmente da San Colombano". Battaglia di principio. A Vinitaly, tra tanti Golia, il piccolo Davide della viticoltura lombarda, si farà valere per la qualità. E per la coerenza.