La scelta rivoluzionaria di Alcesti Condannarsi per salvare il (suo) popolo

Il rito rinnovato della tragedia greca sul palco del Teatro Litta per la regia del grande Filippo Renda "Questo testo di 2.500 anni fa sarà di straziante contemporaneità anche per le future generazioni"

Alcesti Condannarsi

È risaputo che l’esperienza delle rappresentazioni tragiche, per gli ateniesi, avesse un triplice valore; si inseriva in un momento della storia, probabilmente il primo, nel quale l’uomo si scontrava con la fallacia del concetto di “libertà”. La libertà era stata conquistata dagli ateniesi grazie a un senso di responsabilità e partecipazione e le rappresentazioni teatrali erano un esempio di esperienza collettiva, come il rapporto nella tragedia tra eroe e coro riproduce quello tra individuo e comunità. La conquista sensazionale della libertà riservava ai membri della polis un rovescio della medaglia che è il concetto stesso di tragico: la libera scelta tra due vie è solo un inganno, nessun individuo è libero di impedire alla propria vita di compiersi. L’arte tragica diviene dunque ritualizzazione che oggettiva il mistero del fallimento, della rovina, della condanna senza colpa.

Non si assisteva a uno spettacolo, ma si partecipava a un rito nel quale il mito era la storia sacra del popolo. Contemporaneamente la tragedia era un fatto politico, che rinnovava l’approccio attivo di ogni cittadino alla vita pubblica. Infine le tragedie erano una gara, un evento agonistico per dare sfogo e sedare la competitività potenzialmente rovinosa insita nell’essere umano. Nella tragedia forma e contenuto si intrecciavano per rappresentare quel senso tragico che sostenesse i cittadini nelle paure generate dall’angoscia di un futuro imprevedibile. Per questi motivi lo spettatore non deve concentrarsi sull’intreccio della trama o sui simboli: il pubblico conosce il finale già dall’inizio del dramma, sa che l’eroe andrà incontro alla rovina e si aspetta che egli provi a impugnare la propria vita, accettando, ma non subendo il proprio destino. L’attitudine con cui l’eroe affronterà questa funzione e i modi in cui accetterà il proprio destino tragico sono il centro del dramma. Il dramma di Alcesti era chiaro agli ateniesi: si era macchiata di parricidio, e anche se il suo delitto era stato frutto di un inganno combinatole da Medea, lei - avendo compiuto materialmente l’omicidio - era ugualmente colpevole. Di fronte alla volontà di pagare per una colpa che avrebbero ereditato i suoi figli, Alcesti era stata convinta a sposare Admeto e a trasferirsi nella sua reggia. È l’antefatto necessario a comprendere il percorso della protagonista del dramma, e il suo tentativo di liberarsi da una colpa che la schiaccia. Ma il destino condannerà Alcesti a vivere e ad accettare il proprio trauma.

"Mi sono avvicinato ad Alcesti – svela il regista Filippo Renda – attratto dallo scontro generazionale tra Fere-padre e Admeto-figlio sentendo passare dentro di me il grido di tanti miei coetanei che accusano i padri di non volersi fare da parte, di non decidersi ad andare in pensione, di non “morire” per i propri figli. Immerso in una generazione narcisista ed egoriferita non riuscivo a rendermi conto che accanto a me, che accanto ad Admeto, ci fosse una donna, che stava rinunciando alla propria vita pur avendo tutto da perdere: marito, figli, giovinezza, bellezza, l’amore di un popolo. Non mi accorgevo che Alcesti stava provando a compiere una rivoluzione: inserita in un mondo di self-made men che non accettano che nulla si ponga in mezzo alla propria scalata, la peliade si occupa di proteggere chi ha attorno a sé, il marito, i figli, la città; il suo gesto è di un eroismo rivoluzionario perché non mira a nessuna conquista. È per questo che fatichiamo a comprendere Alcesti e le sue scelte, perché siamo abituati a chiederci che cosa poter guadagnare dalle nostre scelte, e che dietro una rinuncia si nasconde sempre un profitto. Credo che questo testo vecchio di 2.500 anni non parli ai miei contemporanei ma ai loro figli e che se potesse andare in scena tra una generazione splenderebbe in tutta la sua attualità".