Arnaldo Liguori
Editoriale e Commento

Non di sole divise vive la sicurezza

Il problema dei reati a Milano e la violazione del patto sociale

Polizia impegnata nel controllo dell'area intorno alla stazione Centrale di Milano

Polizia impegnata nel controllo dell'area intorno alla stazione Centrale di Milano

Molti milanesi hanno paura. Pensano che le strade siano insicure, che sia meglio evitare certe zone. Due terzi delle donne sono preoccupate quanto tornano a casa di notte. Non è un sentimento nuovo, intendiamoci, ma è diventato un dato di fatto, certificato dal Censis con la freddezza dei numeri che non ammettono replica: a Milano si consumano quasi 70 reati ogni 1.000 abitanti, il valore più alto d’Italia. Buona parte riguardano la cosiddetta microcriminalità: rapine, scippi, furti con destrezza, aggressioni.

Chi vuole più sicurezza invoca spesso più divise, più telecamere, più manette. Come se bastasse moltiplicare la polizia – beninteso, necessaria – per risolvere il problema. Ma il crimine non nasce dal nulla: germoglia nelle periferie dimenticate, nei giovani senza futuro, negli immigrati senza integrazione. La vera sicurezza si costruisce risanando il tessuto sociale, creando lavoro dignitoso, ricostruendo comunità dove oggi ci sono solo dormitori e centri commerciali.

Non basta spostare i problemi da un quartiere all’altro, né affidarsi alla retorica della “tolleranza zero”. La Milano laboriosa che si fregia di essere la locomotiva d’Italia sa che la prevenzione vale più della repressione. Che un ragazzo con un mestiere in mano raramente diventa un delinquente. Che una città giusta è, quasi per definizione, una città più sicura. La vera sfida non è militarizzare le strade, ma ricostruire quel patto sociale che Milano, nella sua corsa incessante, sta sgretolando.