
Ponte Quando ero piccolo non sognavo gli stadi. Sognavo la musica. Stare dietro a una consolle, mettere un disco dopo...
Ponte
Quando ero piccolo non sognavo gli stadi. Sognavo la musica. Stare dietro a una consolle, mettere un disco dopo l’altro, far ballare qualcuno anche solo per pochi minuti. Tutto quello che è arrivato dopo è andato ben oltre la mia immaginazione. San Siro è sempre stato lì, come una cattedrale della musica e dello sport. L’ho vissuto da spettatore tante volte, ma non avrei mai immaginato di salirci da protagonista. L’idea che il 28 giugno salirò su quel palco, con davanti 55.000 fan, mi toglie il fiato. Non è solo un concerto.
È una linea che unisce tutto quello che sono stato: il ragazzo che si perdeva nella musica per trovare un po’ di pace, l’artista che ha costruito ogni singolo passo senza sapere davvero dove lo avrebbe portato, l’uomo che, nonostante tutto, non ha mai smesso di ascoltare quella voce interiore che diceva “continua”. San Siro Dance rappresenta qualcosa che in Italia non si era mai visto per un DJ, e il fatto che a viverlo saremo in così tanti mi emoziona più di quanto riesca a spiegare. Perché questo traguardo non è solo mio. È anche di chi ha ballato con me per 25 anni, di chi ha creduto in questa visione, e di chi sarà lì, sotto il palco o sugli spalti, a trasformare quella sera in qualcosa di irripetibile. Non sarà solo musica. Sarà una parte della mia vita, condivisa con chi ne ha sempre fatto parte.