Maietti
Raccontino in margine alla giornata mondiale del docente (5 Ottobre scorso). "Perché vi faccio studiare a memoria ?": il professore si tolse gli occhiali, si passò la mano sugli occhi, poi sulla bocca, come per trattenere un sospiro. Si rimise gli occhiali. Si alzò e scese lentamente dalla predella della cattedra. Andò verso la finestra e stette qualche istante assorto a guardare i liquidambar del viale che si andavano accendendo delle malìe cromatiche di ottobre. Erano le sue prime lezioni in Terza B. Gli alunni e le alunne lo stavano ancora studiando. Ne erano stati intrigati fin dal primo giorno, quando il professore era entrato in classe, aveva scorso il registro e, gli occhi nascosti dalle lenti scure, aveva declamato: "So foul and fair a day I have not seen" (Un giorno così brutto e così bello non ho visto mai). Una citazione dal Macbeth. Era un patito di Shakespeare il nuovo professore. E oggi pretendeva di assegnare lo studio a memoria di un passo da "Come vi pare": una trentina di pentametri, in inglese per giunta. "Vedete – disse il professore, tornato a sedersi in cattedra – non si studia a memoria solo per allenamento cerebrale, non Shakespeare. Lui lo si manda a memoria per onorarlo, come fosse l’undicesimo comandamento. Dopo il liceo voi sceglierete la vostra strada. Forse non leggerete più. Allora Shakespeare ritornerà dal pozzo della memoria, in certi momenti della vita, quelli più difficili, e vi sembrerà di sentire una mano sulla spalla. Senza contare l’utilità pratica". Il professore sorrise con un lampo malizioso: "Insomma, se dovete confessare un sentimento potrete chiedere aiuto a lui, a Shakespeare. Vi pare che la persona di cui vi siete innamorati si stia staccando da voi? Potete recitarle (scriverle, se vi manca il coraggio): "Oh, come la primavera dell’amore somiglia all’incerta gloria di un giorno d’aprile , che ora mostra tutta la bellezza del sole e a poco a poco una nuvola si porta via".