Maietti
Settimana dei Morti. "È difficile morire, papà?", chiede il piccolo Nick al padre in un racconto di Hemingway. E il padre: "No, penso sia abbastanza semplice. Dipende". Una bella risposta di un padre al figlioletto. Il padre, avesse dovuto rispondere semplicemente a se stesso, avrebbe probabilmente detto qualcosa di simile a una battuta di un vecchio di casa nostra: "Murì? L’è un gran brüta moca (smorfia)". Avevano questo di grande i nostri vecchi: erano preparati a farla la "brüta moca". Noi, adesso, chissà? Ci si può scherzare come Aldo Fabrizi nel suo epitaffio: "Tolto da questo mondo troppo al dente". O come Somerset Maugham, che poco prima di andarsene scherzava con gli amici: "Morire è un affare tetro e noioso, e il mio consiglio è che voi non ci abbiate niente a che fare". Poi visiti il tuo piccolo cimitero di campagna, e passi di tomba in tomba, di foto in foto: tutti tornano vivi, li ricordi nitidamente. Tutti se ne sono andati, insieme a quelli che ti sono più cari. Impossibile non accettare che toccherà anche a te. I cimiteri di campagna hanno un’aria diversa da quelli di città. Come quello di Borghetto di cui scrive Domenico Pezzini, docente di Anglistica: "La strada che porta al cimitero è lunga, e costringe a dimenticare le case per entrare in un altro mondo. Ma è una strada bella, e soprattutto va incontro al sole che tramonta". Potresti trovarci un vecchio seduto su una panchina. Se tu gli chiedessi cosa stia facendo, lì solo, contro l’ultimo sole, ti risponderebbe, come ho pure sentito: "Spéti ch’la riva! (Aspetto che arrivi)". Più che Hemingway o Maugham, di questi giorni ho ri-letto volentieri un libricino di Enrico Zuccotti, da Ospedaletto Lodigiano "Un cestin de muron muscatei": un cesto prezioso di prose e poesie in italiano e in dialetto. Il bilancio di una vita che si fa testamento. Enrico è stato professore, come me: "Enfin la scola la s’è fai mesté, el mè laurà da mì semper sugnad: gh’è gnent de püssè bel e delicad che ved i fiöi che te camina adré (dietro)".