EMILIO
Cronaca

L’urtajia di fra quando è tanto lo spazio

Questo articolo esplora l'uso di un modo di dire del dialetto milanese, "l'urtaija di fra", che viene usato come paragone per descrivere uno spazio di grandi dimensioni. Viene anche fornita una descrizione dell'orto dei frati Cappuccini, da cui il detto deriva.

Magni

L’altra mattina al "canton di ball", l’Aristide (detto Risti) ha portato la notizia che il Comune aveva deciso di costruire una nuova grande, attrezzatissima palestra, un super impianto sportivo, in un terreno di fianco a una strada che non è tanto vicina al centro del paese, ma nemmeno nell’estrema periferia. La novità è stata accolta un po’ da tutti con soddisfazione e compiacimento, sentimenti espressi in vari commenti del tipo: "Ei giuvin del paes hann propri bisogn de un post duve fa sport". Il Carletto ha fatto rilevare che non solo i giovani devono fare sport, ma la palestra può andar bene anche per qualche anziano. Però, con il suo solito sarcasmo, ha aggiunto: "Ma me par che el teren che han cattà föra l’è minga inscì grand de fa post a ‘na gran palestra". Insomma per il Carletto il luogo scelto non era così grande da ospitare una super palestra. Gli ha ribattuto lo stesso Risti, asserendo: "Ma no quel teren lì l’è pussé grand dell’urtaija di fra". Per il Risti lo spazio a disposizione è grandissimo, più "grande dell’orto dei frati", ovvero assai esteso. Il campo sarà pur grande come dice il Risti, ma cosa c’erta "l’urtaija di fra"? Risti per confermare che il terreno in questione è veramente grande ha adoperato un antico modo di dire del dialetto milanese con il quale si usava come paragone l’"urtaija di fra". Il detto prendeva spunto da un grande orto che era annesso al convento dei frati Cappuccini e dal quale i religiosi traevano un buon reddito vendendo una grande quantità di buoni ortaggi. L’orto dei frati era quindi tirato in ballo per dire che uno spazio, un campo, o un terreno qualsiasi era proprio di grandi dimensioni. Il modo di dire ce lo ha proposto anche la grande Ottorina Perna Bozzi nel suo libro "Milano ritrovata" (ora pubblicato da Virgilio), nel quale sono elencati tremila e tre modi di dire meneghini. Come per tante altre parole il dialetto si diverte a cambiare sesso: l’orto è l’ "urtaija", il guanto la "guanta", il sale la "saa", l’ombrello diventa l’ "umbrèla".

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