Il Mistero della Poesia: Riflessioni di Grandi Maestri attraverso i Secoli

Un viaggio tra le riflessioni di grandi poeti sulla natura della poesia, da Samuel Johnson a Vittorio G. Rossi e Tonino Guerra, che la definiscono come un mistero profondo e vitale.

Maietti

Londra, normale piovoso pomeriggio di primavera di due secoli e mezzo or sono. Al tradizionale tea delle cinque, il dottor Johnson, santone della letteratura inglese, è infervorato a parlare di poesia. Il discorso è complesso. James Boswell, suo fedele biografo, taglia corto: "Ma alla fine, signore, cos’è la poesia?" E lui: "Ebbene, signore, è molto più facile dire ciò che non è. Tutti sappiamo cos’è la luce, ma non è facile dire cosa sia". Vittorio G. Rossi (1898-1978), "L’orso sogna le pere" (Mondadori, 1971) è un suo zibaldone fragrante come il pane e il vino, quando il pane sa di forno e il vino di vendemmia. Al capitolo sulla poesia c’è un’orecchietta: "La poesia ha odore di cielo, sembra la conchiglia di Dio che è stata aperta. L’uomo è andato sulla luna, ma dalla luna ha scoperto la poesia della terra che gira nella solitudine dello spazio e dà all’uomo che se ne è allontanato una voglia frenetica di tornarci. La poesia deve aiutare l’uomo a vivere. Sta in un posto segreto dell’uomo e solo il poeta sa dov’è. Ma che cos’è la poesia? Nessuno lo sa". Dice il prete nella chiesetta tra i campi, di quelle che Tonino Guerra avrebbe potuto mettere tra quelle del suo “Libro delle chiese abbandonate“: "Ho visto nugoli di viole sbocciate tutto d’un colpo. La primavera. Uscire dal buio dell’inverno e ricominciare a vivere. Per questo la Pasqua è in primavera. La Pasqua è primavera. Guardate il vecchio nell’orto mentre mette sotterra la semenza del fagiolo. Dal cuore della terra il seme si fa strada a cercare l’uscita: lo attira l’odore del cielo". Ecco cosa può essere la poesia: un fagiolo che rompe la terra e s’inebria di vento, di sole e di cielo. Qualche anno fa, il primo giorno di primavera, Tonino Guerra ci ha detto addio, dopo 92 anni di vita spesa fino all’ultimo fiato di poesia. L’ateo comunista Tonino Guerra, arriva al portone di San Pietro. Bussa. "Chi l’è?". "Sono Tonino. Ricordo un vecchio solo in un villaggio abbandonato. Ero in pena per lui. Mi ha gridato: "Ricordati che la solitudine tiene compagnia". "Non sarai mica un poeta?" "Se poesia sono i miei buoi, allora sì, sono un poeta".