
La frana del Cengalo nel 2017 che costò la vita a otto escursionisti
Villa di Chiavenna, 26 luglio 2024 – L’inchiesta sulla morte degli otto escursionisti che nel 2017 vennero travolti da una frana in Val Bondasca, nei Grigioni, a pochi chilometri dal confine di Villa di Chiavenna, è sfociata nel rinvio a giudizio di cinque persone per omicidio colposo plurimo. Lo ha anticipato ieri la Radiotelevisione Svizzera.
Si tratta di due funzionari cantonali dell’Ufficio foreste e pericoli naturali, un consulente esterno del Cantone, un collaboratore e l’allora sindaca del Comune di Bregaglia Anna Giacometti. Spetterà dunque al Tribunale regionale di Maloja, competente anche per il territorio della Val Bregaglia, il compito di stabilire se nei giorni e nelle settimane precedenti la frana del 23 agosto di sette anni fa gli imputati abbiano valutato correttamente o erroneamente la situazione di pericolo, non chiudendo in anticipo i sentieri.
Sempre secondo quanto riferito dalla RSI, dieci giorni prima della tragedia l’Ufficio grigionese foreste e pericoli naturali aveva raccomandato al Comune di mantenere aperti i sentieri. Gli inquirenti si sono basati su una corposa perizia esterna, redatta lo scorso anno da un geologo indipendente. Secondo lui la frana era stata “preannunciata da numerosi esperti” e le autorità avevano corso un “rischio inaccettabile” decidendo di non chiudere in anticipo i sentieri escursionistici.
Sugli itinerari verso le capanne alpine Sciora e Sasc Furä aperti, otto persone di nazionalità svizzera, austriaca e tedesca vennero travolte da oltre tre milioni di metri cubi di roccia staccatasi dal Pizzo Cengalo. I loro corpi, sepolti da un’onda di fango e roccia alta decine di metri, non sono mai stati ritrovati. Secondo quanto riferito ieri dall’agenzia di stampa elvetica Ats, gli imputati dovranno presentarsi nei prossimi mesi di fronte al Tribunale che ha sede in Alta Engadina e rischiano una pena pecuniaria o addirittura una pena detentiva fino a tre anni di reclusione per omicidio colposo. Intanto a quasi sette anni dal tragico evento, gran parte della Val Bondasca è ancora chiusa per il pericolo di ulteriori crolli. Per le persone finite nei guai con la giustizia ovviamente resta la presunzioni di innocenza.