Il trapper Jordan Tinti trovato morto in cella, disposta l’autopsia. Il padre: “Chiedo giustizia, voglio sapere cosa è successo”

Pavia, il legale del 26enne, che rappresenta ora anche il padre, incontrerà domani il pm: “Fondati dubbi che si sia trattato di un atto volontario”

Jordan Jeffrey Baby aveva 26 anni

Jordan Jeffrey Baby aveva 26 anni

Il papà e l’avvocato di Jordan Tinti, 26 anni, il trapper noto come Jordan Jeffrey Baby, trovato impiccato ieri mattina in una cella del carcere pavese chiedono “giustizia” e vogliono “sapere cosa è successo”. Intanto la Procura di Pavia disporrà l'autopsia nelle indagini aperte sulla morte del trapper.

Il legale del giovane, l'avvocato Federico Edoardo Pisani, che rappresenta ora anche il padre, incontrerà domani il pm titolare dell'inchiesta, Alberto Palermo. Secondo il legale, ci sono pure “fondati dubbi che si sia trattato di un atto volontario”. E se di suicidio si è trattato, spiega ancora il legale, “bisogna chiedersi perché Jordan era ancora in carcere a Pavia, dopo che aveva denunciato di aver subito là maltrattamenti e abusi sessuali” da altri detenuti.

Per i maltrattamenti, chiarisce il legale, è imputato Gianmarco Fagà, altro trapper noto come Traffik e come Jordan condannato in primo grado a Monza per rapina aggravata dall'odio razziale (accusa riqualificata in violenza privata in appello). Fagà che nel primo periodo di detenzione era in carcere con Jordan e che per quei presunti maltrattamenti sarà processato a partire da venerdì prossimo a Pavia.

"Il padre di Jordan sarà parte civile nel processo”, ha spiegato l'avvocato. Tinti aveva anche denunciato di essere stato vittima di violenza sessuale da parte di un altro detenuto. “Ci siamo opposti alla richiesta di archiviazione della Procura”, ha detto il difensore. A novembre, poi, il magistrato di Sorveglianza, subito dopo che la pena era diventata definitiva, aveva concesso al 26enne l'affidamento terapeutico in una comunità, dopo che la difesa aveva evidenziato “gravi pregiudizi” per lui a stare ancora in carcere: aveva necessità di curarsi dalla tossicodipendenza e aveva subito violenze e maltrattamenti, tra l'altro denunciati. Il 2 marzo, però, il provvedimento provvisorio di affidamento è stato sospeso, perché “nella sua stanza hanno trovato un cellulare e sigarette” e il 26enne è tornato in carcere.