Monza – Dando ascolto alle storie personali delle suore sacramentine si legge in filigrana un aspetto che le accomuna: sentire la vocazione come un sentimento profondo, un richiamo continuo. È stato così per la madre superiore suor Benedetta Dell’Unità, monzese doc, che conducendo la sua vita ordinaria a un certo punto sente di non essere felice. Qualcosa le mancava. Fino a un viaggio con la madre e la sorella ad Assisi, quando sente viva e tangibile la presenza di San Francesco.
"I primi tre anni al Liceo Frisi ho vissuto un cambiamento in me, conoscendo persone di varia estrazione e allontanandomi dalla Chiesa – racconta la madre –. Poi, con il viaggio ad Assisi, ho sentito la presenza di Francesco e l’esempio di un frate mi ha illuminato: lui faceva tutti i giorni a piedi da Santa Maria degli Angeli alla chiesa di San Francesco solo perché nella sua vita c’era Dio, mentre nella mia non c’era più". E qui la svolta: "Volevo fare il medico, dopo il Frisi ho fatto cinque anni di medicina e avevo già scritto la tesi. Ho lasciato perché nel frattempo avevo ripreso a pregare e ad andare sempre di più a messa. Nel ’91 ho conosciuto la vita di questo monastero, facendo qui un soggiorno di 15 giorni: mi sono sentita catapultare sulla luna, una vita che girava intorno all’Eucaristia: quello che stavo cercando".
Anche per suor Maria Bakhita, prima sorella africana ad entrare nel monastero monzese, la vocazione è stata un ritrovarsi. "Io sono cresciuta con fermi valori cattolici che mi ha trasmesso mia nonna che mi ha cresciuta – esordisce nel racconto –. Da bambina volevo essere come i preti. Poi alle scuole superiori ho avuto un altro stile di vita, avevo amici e il fidanzato. Andavo bene a scuola e lavoravo come amministratrice al Consolato, ma avevo un vuoto dentro. Allora sono andata sempre più alla chiesa del Consolato – prosegue – dove ho incontrato un padre missionario che mi ha suggerito di andare a trovare le suore nel monastero. Sono andata e lì ho avuto un colpo di fulmine: ho incontrato il sorriso bellissimo della madre superiora. Quella bellezza mi ha conquistato e aperto la strada".
Se lei è stata conquistata dal sorriso di una suora, l’ultima arrivata, suor Maria Scolastica, 26 anni, anche lei keniana, è stata segnata da una scritta. "Ho letto nel monastero delle adoratrici in Kenya la frase: “Sono tutte le cose di cui hai paura che ti fanno male“ – dice emozionata nel ricordo –. Io avevo già dentro da piccola la vocazione, e già da adolescente volevo diventare suora, ma avevo paura di lasciare la mia casa e la mia famiglia. Quella scritta mi ha cambiato la vita, mi ha fatto svegliare un giorno e andare in monastero senza più paure, ma solo con una gioia viva".