
Claudio Gervasoni ha iniziato a giocare da ragazzino, poi la carriera da allenatore
Claudio Gervasoni, nato a Monza nel 1971, da bambino preferiva i prati. Ha giocato a calcio fino a quando, in terza media, il suo professore di educazione fisica lo trascinò in palestra. L’insegnante era Fausto Mauri, un monumento della pallavolo in Brianza negli anni ’80, con 3 finali nazionali Under 16 e una lunga carriera da selezionatore regionale. Mauri vide nel piccolo ma alto Claudio delle doti: "Fausto mi convinse che avevo una predisposizione naturale e mi convinse. Passai gli anni del liceo tra scuola e palestra, con una passione che divenne travolgente. Ero a Concorezzo: partimmo dalle categorie giovanili provinciali arrivando in Serie B, nei primi anni ’90".
Ha smesso a soli 20 anni, come mai?
"Avevo iniziato come allenatore in seconda e mi resi conto che la borsa pesava se dovevo giocare, mentre era più leggera quando stavo in panchina. Nel 1994 allenavo il Concorezzo in Serie C2".
Qual è stato il cambiamento più grande nella pallavolo in questi 30 anni?
"Quando ho iniziato il libero non esisteva e c’era il cambio palla. Oggi in Serie B il gioco è molto più veloce di quanto non lo fosse ai massimi livelli negli anni ’90. Basta guardare i filmati online: ad esempio l’alzata oggi è una linea retta e non più una parabola come allora. Poi c’è stato anche un importante cambiamento sociale".
Ci spieghi.
"Negli anni ’90 quando si andava in trasferta sul bus giocavamo a carte o guardavamo i film. Ora sono tutti attaccati al telefonino. Sono cambiate le relazioni tra giocatori e allenatore".
Il giocatore più anziano che ha allenato è nato nel 1968, quelli più giovani nel 2005. Che effetti ha avuto la tecnologia sulla preparazione?
"Sino a 15 anni fa si utilizzavano i Cd e le statistiche venivano segnate a mano. Oggi su cloud possiamo accedere a tutte le squadre con statistiche in tempo reale e modelli di prestazione".
Quanto è diversa la pallavolo femminile e quella maschile?
"Le uniche cose uguali sono campo e pallone. Per me il volley femminile ha un fascino superiore".
Com’è il lavoro dell’allenatore?
"Dopo lo studio o il lavoro ci si mette la tuta e si va in palestra. Per farlo, soprattutto in inverno, serve una grande motivazione. Che non è economica".
L’Italvolley domina, cosa pensa di Velasco?
"È la più grande fortuna capitata al nostro sport. Andavo a sentire i suoi corsi già negli anni ’90, è una fonte di ispirazione".