
La visita della leader dem in occasione della “Giornata dell’Economia” promossa dal Pd lombardo
Il colpo di scena arriva quando meno te lo aspetti. Sono le 10.30 circa, al Teatro Binario 7 di Monza, Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, fa il suo ingresso a sorpresa alla Giornata dell’Economia organizzata dal Pd lombardo. Un’apparizione non annunciata, ma fortemente simbolica: Monza, epicentro di un tessuto produttivo in difficoltà - con le crisi della STMicroelectronics e della Peg Perego che raccontano una Brianza ferita -, scelta come emblema di un Nord che fatica a ritrovare slancio.
L’evento, articolato in quattro panel, ha ospitato nomi di primo piano del panorama politico ed economico: Mario Monti, Gianni Cuperlo, Giorgio Gori, Irene Tinagli, Andrea Orlando, il presidente di Confindustria Lombardia Giuseppe Pasini. Schlein parla a lungo, prendendo le mosse dagli interventi che l’hanno preceduta. In particolare, rilegge con spirito critico le parole di Pasini e Monti, ponendosi idealmente tra le loro due visioni: da un lato, l’industriale preoccupato per un’Europa che ha smarrito la bussola, e dall’altro, l’europeista convinto che l’inefficacia non sia di Bruxelles ma dei singoli Stati nazionali.
"Chiediamo 800 milioni per un piano sociale europeo, modello Next Generation Eu, perché i nostri amministratori stanno dimostrando che si possono ridurre le diseguaglianze e creare coesione - afferma Schlein sulle politiche europee -. Ma non staremo a guardare se quei fondi verranno diluiti in un maxi fondo indistinto". Parole dure, soprattutto contro un governo Meloni accusato di ideologismo più che di riformismo. Nel mirino della segretaria dem c’è in particolare la scelta di smantellare il piano “Industria 4.0”, introdotto dai governi Pd, e sostituirlo con la nuova Transizione 5.0. "È stato cambiato solo perché l’avevamo fatto noi - arringa -. Per elaborare il nuovo si sono persi nove mesi, creando un sistema pieno di cavilli che ha bloccato gli investimenti per l’incertezza normativa".
Schlein non nasconde l’ammirazione per il modello socialista di Pedro Sánchez in Spagna, soprattutto per la gestione del Pnrr, la riforma del salario minimo (+50%) e l’intervento sui costi dell’energia. Poi, il tema caldo dei dazi americani. La segretaria Pd lancia un monito a 48 ore dalla scadenza dell’accordo Ue–Usa: "Non si sa ancora cosa succederà. È inaccettabile che il Governo minimizzi. Secondo Confindustria, anche un dazio al 10% metterebbe a rischio 118mila posti di lavoro e 20 miliardi di esportazioni nel 2026. È un danno enorme".
Pasini, dal canto suo, aveva ricordato con orgoglio che la Lombardia produce il 25% del Pil nazionale, è la regione col maggior export e conta 80mila imprese. Ma lancia l’allarme: "Stiamo rallentando. L’Europa è stata troppo ideologica col Green Deal, che ha penalizzato settori strategici. E la Cina ci sta superando nell’automotive". A lui ha risposto Mario Monti: "Non gridiamo “Europa svegliati” pubblicamente. Se sembra che dorma, è perché troppo spesso sono gli Stati membri a non recepire le direttive".