MARCO GALVANI
Cronaca

Odos Service "congelata" dalla Regione

Manca il parere legale, chiesto dal giudice fallimentare, per affittare l’azienda a una nuova società e riprendere la produzione

Maria Paola Canegrati

Monza, 21 novembre 2020 -  C’è il via libera del tribunale, ci sono le pratiche già fatte, c’è un imprenditore "pronto a iniziare anche domani mattina", ma il piano di salvataggio per garantire continuità delle cure ai pazienti e salvare quanti più posti di lavoro possibile dopo il fallimento della Odos Service è bloccato in Regione. Ormai da quasi due settimane. Ovvero da quando il curatore fallimentare Elisabetta Brugnoni - dopo aver dovuto sospendere l’attività della Odos Service per mancanza di risorse - ha individuato un operatore del settore disposto ad affittare i rami d’azienda ancora produttivi. A soli 10 giorni dalla sentenza di fallimento (emessa il 28 ottobre ) della Srl specializzata in odontoiatria ospedaliera e sociale con sede in via Buonarroti 201 a Monza che avrebbe dovuto salvare quel che restava dell’impero di Maria Paola Canegrati, l’imprenditrice arrestata nel 2017 per corruzione per gli appalti in odore di tangenti negli ospedali lombardi e condannata in primo grado a 12 anni di carcere.

Una volta definito , il contratto d’affitto avrebbe dovuto essere sottoscritto, tramite Regione Lombardia, dalle Asst che avevano rapporti con la Odos Service: l’Asst di Niguarda, Monza, Vimercate, Rhodense, Fatebenefratelli e Multimedica. Un contratto autorizzato dal giudice delegato Maria Gabriella Mariconda che ha chiarito che "la stipula consentirebbe la continuità dei rami d’azienda allo scopo di salvaguardare, almeno in parte, i posti di lavoro, garantire i servizi essenziali nell’interesse dei pazienti e preservare l’immagine dei presidi ambulatoriali". Ma permetterebbe anche di attivare la cassa integrazione per i 263 dipendenti della Odos che sono a casa senza stipendio né ammortizzatori sociali. In alternativa, i pazienti rimarrebbero senza cure, i lavoratori verrebbe licenziati: "Vi sarebbe dunque anche un costo sociale", scrive il giudice.

Tutti si sarebbero aspettati un via libera automatico dalla Regione, mentre nell’ultimo confronto l’Avvocatura regionale ha chiesto un’altra settimana di tempo. Anche se "non ci sono motivi giuridici per questo ritardo", il commento di Elisabetta Brugnoni. Attende una risposta anche Dietrich Gallmetzer, amministratore delegato della Gerhò, la società che si è fatta avanti per affittare i rami della Odos. Seconda azienda in Italia per la fornitura di materiale per l’odontoiatria e l’odontotecnica, 40 cliniche e 2 laboratori odontotecnici, il quartier generale a Bolzano, Gerhò (già una decina di anni fa fornitore della Servicedent) ha fin da subito risposto alla richiesta di salvataggio: "In pochissimi giorni abbiamo costituito un’apposita società per l’affitto dei rami d’azienda e oggi siamo pronti per iniziare a curare i pazienti, ma è tutto fermo – spiega Gallmetzer -. Inizialmente assorbiremo tra 70 e 80 lavoratori Odos, ma il nostro obiettivo è di richiamarne quanti più possibile". Per i pazienti non cambierà nulla, continueranno a curarsi negli studi a cui si sono sempre rivolti. Quando? La Regione ha preso altro tempo. Una settimana, ma "se ci saranno altri intoppi, dovremo rivalutare la nostra posizione", mette i puntini l’ad della Gerhò.

Ora la responsabilità è a carico della Regione. Anche se, secondo il tribunale, il contratto d’affitto dell’azienda altoatesina è l’unica soluzione in grado di salvare i posti di lavoro e la salute dei pazienti dopo la doccia fredda del fallimento della società che era andata in soccorso alla Servicedent del gruppo della Canegrati. Servicedent – con un passivo di quasi 18 milioni – era stata ammessa alla procedura di concordato preventivo nel gennaio 2018, nell’ambito di un’operazione che aveva coinvolto l’intero gruppo Implanta (holding che controllava la galassia societaria della Canegrati) e il fondo Argos Wityu che, nel 2014, aveva acquistato prima il 60% della holding, poi il 100%. Ma nel 2017 era arrivata la dichiarazione di fallimento e il fondo aveva nuovamente rilevato la holding all’asta.