Monza, 2 novembre 2024 – Nel primo giorno di pensione si è concesso una passeggiata in montagna con la famiglia. “Sto vivendo come quando si fa un esame all’università e il giorno dopo stacchi la spina, ti senti rilassato. Prima del prossimo esame”. Andrea Biondi da ieri è in pensione dopo una intera vita professionale votata alla cura delle leucemie infantili. E alla ricerca. Perché “è da lì che arriva tutta la nostra speranza di poter guarire un bambino in più”. All’ospedale di Monza da 40 anni, da 15 era direttore della clinica pediatrica e ha accompagnato per mano la nascita prima della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la Mamma, poi della Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori. Un’eccellenza della sanità, non soltanto lombarda.
In prima linea contro i tumori
“A fronte della fatica di queste esperienze, c’è la constatazione che grazie a tutto quello che è stato realizzato, oggi la Pediatria è cresciuta tantissimo – l’orgoglio del professor Biondi –: quando ho iniziato a Monza c’erano 27 posti letto, che sono diventati 42, 25 di emato-oncologia e 17 di pediatria”. Senza dimenticare i passi fatti sul fronte della ricerca: “Siamo stati il primo centro in Italia a sperimentare le Car-T, nel 2016”, sottolinea Biondi. Cellule ‘armate’ in laboratorio per potenziarne l’azione contro il tumore. Artiglieria pesante ottenuta con la manipolazione genetica del sistema immunitario del paziente (i linfociti T, ovvero globuli bianchi specializzati nel riconoscimento delle cellule infettate da virus, prelevati da un paziente dopo il trattamento vengono reinfusi nel suo organismo) che, in alcuni casi, permette di controllare a lungo termine, se non guarire, la malattia.
Per questo Biondi resterà sempre in prima linea, come direttore scientifico della Fondazione Tettamanti per portare avanti il progetto della Torre della ricerca, 10 piani all’avanguardia che nel 2025 potenzierà il Centro Verga, al San Gerardo. Pensa a nuove frontiere di cura. Ma “dico sempre agli specializzandi di ricordarsi che il camice non protegge dalle emozioni”. E Biondi ricorda la sua prima paziente: “Ero di guardia, giovane medico. C’era una bimba con un neuroblastoma che mi aveva chiesto di poter bere la Coca Cola. Uscii di notte in cerca di un distributore, tornai di corsa con una bottiglietta ma nel frattempo la piccola non ce l’aveva fatta”.
Quel 15% che chiede risposte
Mentre un paio di giorni fa, l’altra faccia della medaglia: “Per un bambino in una situazione molto complessa abbiamo avuto la notizia che ha iniziata la remissione dalla malattia”. C’è l’85% dei pazienti che guarisce, ma ancora un 15% non ce la fa. Eppure “dobbiamo esplorare ogni possibilità. E dobbiamo farlo anche per i genitori di bambini e ragazzi che non ci sono più, ma ti ringraziano per averci provato”. Ma “non siamo né santi né eroi. Essere insieme ai genitori del Comitato Maria Letizia Verga e alla Fondazione Tettamanti rende il nostro un lavoro straordinario”. La pensione è soltanto una questione burocratica. Per ora “sono contento e anche soddisfatto di questo miglio di strada”, ora il tragitto continua. Quello più vicino è “avere trattamenti migliori che permetteranno di pagare un prezzo minore, vogliamo bambini che diventino adulti sani. Questa è la sfida del futuro”. Ma oggi “bisogna convivere con la paura e l’incertezza”, mentre un giorno “mi piacerebbe poter scrivere sulla cartella clinica “il tuo bambino guarirà“. Anche se ancora non possiamo ancora dirlo all’inizio della storia”.