MONICA GUZZI
Cronaca

Nel nome di Marta Roncoroni: lo stage del San Gerardo all’ospedale dei bambini

I professionisti della terapia intensiva neurochirurgica dell’Irccs di Monza al Gaslini grazie all’associazione dedicata alla quindicenne monzese

Marta Roncoroni

Marta Roncoroni

Monza – Maria e Naomi sono state le prime a terminare la settimana di formazione all’Ospedale Gaslini di Genova. Sono le apripista del progetto nato nel nome di Marta Roncoroni (nella foto) e della sua battaglia durata 40 giorni nella terapia intensiva del San Gerardo di Monza. La storia di Marta, 15 anni e tanta voglia di vivere, non ha avuto un lieto fine, ma ha saputo commuovere il Paese, dando il via a una catena di solidarietà che in pochissimi giorni ha portato alla raccolta di oltre 170mila euro e alla nascita di un’associazione (associazionemartaroncoroni.it) a sostegno di chi soffre e di chi si prende cura di questi malati speciali.

Per cercare di trasformare un dolore infinito in qualcosa di utile per gli altri, hanno sempre detto i genitori Sara e Giovanni, che oggi guidano l’associazione con il fratello Niccolò. Con loro c’è il professor Giuseppe Citerio, direttore del dipartimento di neuroscienze e della struttura complessa di anestesia e rianimazione a indirizzo neurologico della Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori, oltre ai medici e agli infermieri che hanno vissuto quei 40 giorni difficili al fianco di Marta.

Il primo intervento dell’associazione è andato a sostegno della formazione medica ed infermieristica in ambito neurorianimatorio prevalentemente pediatrico. E la scelta non poteva non cadere sul Gaslini di Genova, non solo perché oggi è uno dei più importanti ospedali pediatrici italiani, ma per la sua storia, che lo lega alla Brianza e alla storia di Marta. Fu fondato nel 1931 da un imprenditore monzese, Gerolamo Gaslini, per ricordare la figlia Giannina scomparsa a soli 11 anni, con un obiettivo riassunto da una frase molto semplice: Gaslini, curiamo i bambini. Anche in questo caso, un’opera di bene per ogni lacrima.

Così a Monza, dove a partire da aprile, diverse coppie formate da un medico rianimatore e da un infermiere della terapia intensiva neurochirurgica del San Gerardo hanno lavorato per una settimana a Genova. Il medico ha seguito prevalentemente le attività della sala operatoria neurochirurgica, mentre l’infermiere ha affiancato i colleghi genovesi nella gestione dei pazienti degenti in terapia intensiva.

"Durante lo stage Maria e Naomi hanno lavorato come se fossero dipendenti di quell’ospedale, al fianco di nuovi colleghi – racconta Marta, che continua a vivere attraverso la voce di chi le vuole bene –. Maria, che è medico rianimatore, è stata impegnata soprattutto nella sala operatoria neurochirurgica, mentre Naomi ha affiancato gli infermieri della terapia intensiva, seguendo i pazienti ricoverati. Per loro è stato fondamentale osservare l’operato dei colleghi che seguono tantissimi bambini, perché i pazienti molto giovani, in particolare i neonati, hanno corpi in miniatura e quindi, ad esempio, accedere alle loro vie aeree o ai vasi sanguigni è molto più complicato e occorrono una manualità e delle cautele straordinarie per farlo".

«Pensate che un giorno, solo per la preparazione di un neonato che doveva andare in sala operatoria, sono stati necessari tre medici rianimatori, uno specializzando e due infermieri – conclude il racconto –. È stata una settimana intensa, che ha permesso loro di affinare e apprendere tecniche nuove ma anche di creare nuovi legami con professionisti che ora, in caso di necessità, potranno sentire, anche a distanza, per un consiglio o un parere".