MARCO GALVANI
Cronaca

L’Ospedale Vecchio riparte dalla sanità

Università e medicina del territorio diventano un’opportunità per il complesso destinato a una riconversione urbanistica mai decollata

di Marco Galvani

Lì sono nate generazioni di monzesi e brianzoli. Lì, fino al 2009, c’era un ospedale in attività. Era il Vecchio San Gerardo. L’Umberto I di via Solferino. Gli ultimi reparti hanno traslocato al Nuovo San Gerardo nella primavera del 2009. Lasciando soltanto un Cup, il poliambulatorio, l’Arpa, gli ambulatori del Servizio dipendenze dell’Ats e l’ufficio manutenzione edilizia del Comune.

Pure l’università ha abbandonato il padiglione che le era stato riservato proprio perché gli studenti erano stati dimenticati in mezzo agli spazi abbandonati, senza alcun servizio degno di una cittadella universitaria.

E pensare che la rinascita del Vecchio ospedale sembrava avesse le gambe per arrivare fino in fondo. A maggior ragione perché l’idea era di vendere l’intero complesso e, con il ricavato, contribuire a finanziare il faraonico progetto di ristrutturazione e ammodernamento del Nuovo San Gerardo.

Nel piano economico del cantiere di via Pergolesi erano previsti anche i soldi della vendita del Vecchio. Ma le aste non hanno riscosso alcun interesse. Troppo caro quel lotto: 50.150.000 euro fissati nel primo bando del 2011, 37 milioni nel secondo tentativo cinque anni più tardi. Aste deserte. Tanto che, visto il disinteresse dei potenziali acquirenti, la Regione ha stanziato 30 milioni di euro a copertura del mancato incasso per garantire i fondi al cantiere del Nuovo. Eppure nel 2017 s’era accesa una speranza. Quando sul tavolo dell’allora direttore generale dell’Asst di Monza, Matteo Stocco, arrivò una manifestazione di interesse della Invimit Sgr, società di gestione del risparmio del ministero dell’Economia e delle Finanze con il ruolo di cerniera tra i soggetti pubblici, proprietari di ingenti patrimoni immobiliari, e il mercato. L’illusione è durata soltanto qualche mese. Perché poi da Roma più nessuno si è fatto avanti, nemmeno per formalizzare una offerta. E così si è tornati al punto di partenza. Con le buone intenzioni impilate in un cassetto. Complice anche il fatto che ormai l’Asst di Monza non ha più l’urgenza di fare cassa per pagare la ristrutturazione del monoblocco di via Pergolesi.

Mentre sulla carta nell’area del vecchio ospedale Umberto I sarebbero dovute sorgere case alte fino a 6 piani (in vendita convenzionata, affitto e vendita liberi) e negozi di alimentari di medie dimensioni (fra i 400 e gli 800 metri quadrati) per un totale di 31.556 metri quadrati (il primo bando prevedeva, invece, superfici edificabili per 43mila metri con palazzi alti fino a 8 piani). L’altra metà dell’intero complesso, invece, doveva essere destinata a ospitare uffici pubblici, il poliambulatorio dell’Azienda socio-sanitaria territoriale San Gerardo, aule per l’università, parcheggi (perlopiù interrati), una nuova viabilità, aree verdi per oltre 5mila metri quadrati e un nuovo percorso ciclopedonale da via Magenta con attraversamento del canale Villoresi e collegamento al centro sportivo di via Mauri.

Un nuovo quartiere a due passi dal centro della città. L’università aveva dovuto anche cancellare il progetto della casa dello studente da 146 posti letto. Un’eclissi totale sull’Umberto I. Al centro pure di una bagarre politica nel recente passato quando si prospettò di creare un centro di accoglienza profughi nei vecchi padiglioni.

Il resto lo ha fatto (anche) l’attuale emergenza sanitaria. Anche se proprio il Covid ha suggerito ai vicini di casa del Vecchio ospedale una serie di destinazioni d’uso. Pubblicamente indirizzate a Regione, ospedale e Comune da Rita Caldarelli, coordinatrice della Consulta Triante, durante un incontro online proprio sul futuro dell’Umberto I: "L’emergenza Covid ci ha fatto capire quanto importante sia la medicina del territorio e la prevenzione, a maggior ragione in una città come Monza in cui aumenta la popolazione anziana, fragile e con patologie oncologiche e respiratorie".

Ecco che allora lì in via Solferino potrebbero essere ospitati corsi universitari e di formazione degli operatori sanitari, centri di riabilitazione, un hospice e un centro per rafforzare la Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Ma ci sarebbe spazio anche per dare una sede unica alle circa trenta associazioni sanitarie attive a Monza. Con un triplice risultato: dare risposta ai bisogni dei cittadini, salvare dal degrado un vasto pezzo di città e rivitalizzare anche l’economia delle attività commerciali del quartiere.