DARIO
Cronaca

La Brianza “nera“ e il coraggio di don Riboldi

Il paese omaggia don Antonio Riboldi, prete coraggioso contro la criminalità. Fondatore di Libera, ha lottato per la giustizia nel Sud martoriato, senza dimenticare le sue radici brianzole. La sua figura rimane un esempio di coraggio e impegno contro il male.

Crippa

altra settimana, davanti alla sua casa natale, a Tregasio di Triuggio, gli hanno dedicato una piazzetta. Per la cerimonia si è mosso anche il fondatore di Libera, associazione contro le mafie, l’energico don Ciotti, che lo aveva conosciuto e apprezzato tanti anni fa: "È grazie a lui se la chiesa ha iniziato a non tacere, a schierarsi. Don Antonio si è sporcato le mani".

Di scandali, criminalità organizzata e malaffare, in fondo, don Antonio Riboldi se ne intendeva. Per dieci anni aveva vissuto nelle baraccopoli del Belice, in Sicilia, devastato da un sisma. Aveva guidato una marcia di 10mila persone, anche bambini, fino ai palazzi del potere per reclamare giustizia.

E per 20 anni era stato un prete da battaglia nelle terre della Camorra, rischiando la pelle, "mi dicevano che ero uno scemo del Nord" ci aveva confidato.

A oltre 100 anni dalla sua nascita, il suo paese ha deciso di omaggiarlo con una intitolazione in pompa magna. A dispetto della sua modestia di carattere, probabilmente lo avrebbe apprezzato. Perché don Riboldi era nato nel cuore della Brianza da una famiglia povera, secondo di 7 figli, e anche se da tempo aveva abbracciato la gente del Sud martoriato dalle ingiustizie, in Sicilia e Campania, dove lo avevano fatto vescovo, non aveva mai perso i contatti con le proprie origini.

E ricordare le sue parole di coraggio e le sue azioni, la sua sfida al crimine e a una certa furberia, è quanto mai necessario anche oggi. Specie in questi tempi così tormentati in cui la Brianza è stata colpita per l’ennesima volta da un presunto caso di corruzione, anche se stavolta le mafie non c’entrano. In una vecchia intervista al Giorno una ventina di anni fa, a 91 anni, ma ancora energico e lucidissimo come era sempre stato, il vescovo emerito aveva scolpito alcune, indimenticabili parole: "Abbiamo bisogno di testimoni, dobbiamo scandalizzare e scuotere la gente". Che dire? Parole sante. Ecco.