DARIO CRIPPA
Cronaca

Don Flavio Pace, l’ex ragazzo di Monza diventato Arcivescovo a 46 anni. “E pensare che volevo studiare da avvocato...”

La vocazione alla fine del liceo e il corso di islamistica: "Dopo l’omicidio di don Santoro volevo andare in Turchia, Tettamanzi mi spedì a Roma. Oggi lavoro per il dialogo fra cristiani"

Don Flavio Pace con papa Francesco

Don Flavio Pace con papa Francesco

Monza – L’ex ragazzo di Monza sarà arcivescovo. Lo ordineranno oggi a Milano, domani celebrerà la sua prima messa nella nuova veste nel suo quartiere natìo, a San Fruttuoso. Flavio Pace si appresta al viaggio finora più importante della sua vita. Ha solo 46 anni, è nato a Monza e in pochi anni ha fatto strada. "Una nomina che mi ha preso alla sprovvista, del tutto inaspettata. Quando mi è stato comunicato della volontà di papa Francesco, ho chiesto qualche giorno per riflettere e pregare: non avevo fatto nulla per arrivarci, questo mi ha consentito di accettare in totale serenità".

Due sorelle maggiori, genitori insegnanti. Cattolici, ma nulla più. Una zia suora di clausura. Flavio Pace da ragazzo frequenta in maniera assidua l’oratorio, si iscrive al liceo classico Zucchi e si diploma nel 1996 "con un normalissimo 46. Ero tutt’altro che un secchione. Al lunedì arrivavo spesso impreparato perché mi ero goduto il week end… in oratorio". Dopo il diploma, Flavio è pronto per l’Università: "Volevo fare Giurisprudenza con indirizzo internazionale… e invece avevo già maturato un’altra scelta, anche se non ne avevo parlato con nessuno: entrai in seminario".

Ordinato dall’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini, nel 2002 don Flavio inizia dalla parrocchia di Abbiategrasso. La svolta quando l’arcivescovo Dionigi Tettamanzi intuisce che bisogna battere sul dialogo con la comunità islamica e lo manda a Roma per seguire un corso intensivo. Ne esce con una certificazione al Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica. Don Flavio è intelligente, sensibile e preparato, e quando un sacerdote italiano, don Andrea Santoro, vene ucciso in chiesa a Trebisonda, chiede di andare in Turchia. Tettamanzi gli dice, "la tua Turchia sarà Roma" e lo manda nella Capitale: dal 2011 è alla Congregazione per le Chiese Orientali. Diventa un esperto. Inizia a viaggiare. E ora, insieme a quella di arcivescovo, l’altra nomina: monsignor Flavio sarà Segretario del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

Arcivescovo dove?

"Arcivescovo titolare di Dolia, una sede vescovile antica poi soppressa, vicino a Cagliari".

Titolo personale.

"Il vescovo segretario che c’era prima avrebbe compiuto 80 anni e il Papa ha ritenuto di chiamarmi. La mia vita cambierà".

In che senso?

"Mi occupavo già di Chiese orientali cattoliche e ho avuto occasione di incontrare tutti i patriarchi delle chiese ortodosse e ortodosse orientali, tranne il patriarca di Mosca Kirill. Il dicastero ha però una sezione occidentale che si occupa anche dei rapporti col mondo luterano, anglicano, metodista e per il dialogo con l’ebraismo".

Andrà in Sardegna?

"Continuerò a operare a Roma e nel Mondo".

Cosa significa diventare arcivescovo?

"L’episcopato cambia radicalmente la mia vita, è la pienezza del sacramento dell’ordine, ti inserisce fra i successori degli apostoli: è soprattutto una “chiamata”, un dono e insieme una grande responsabilità. Potevo tornare a fare il parroco, e invece...".

Ci vuole coraggio?

"Se uno al giorno d’oggi volesse diventare vescovo sarebbe un segno di follia… io lo sto vivendo come una chiamata".

Cosa farà in concreto?

"Ci sono tante tematiche: la dimensione ecologica, su cui è molto sensibile da padre Bartolomeo, patriarca di Costantinopoli. O l’ecumenismo del sangue: i Cristiani sono sottoposti a persecuzioni in tutto il mondo. L’Isis uccide, il martirio non è solo quello che c’era ai tempi dell’imperatore Diocleziano, c’è anche oggi e abbraccia tutti i Cristiani, è trasversale".

Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani...

"Sono appena stato in Ghana, al Global Christian Forum (GCF). Per quattro giorni si sono riuniti oltre 240 partecipanti provenienti da 60 paesi e appartenenti a varie tradizioni cristiane. Ho incontrato tutto il Mondo".

Obiettivo?

"Il Cristianesimo lungo i secoli si è diviso in tante famiglie, motivo di scontri, ferite e anche peccati. Ora da tempo esiste un cammino comune".

Il Cristianesimo è in crisi?

"Se continuiamo ad avere un pensiero che pone al centro l’occidente potremmo dire senz’altro, ma dobbiamo imparare a decentrarci e ad accorgerci anche dell’espansione, vitalità, freschezza delle chiese dell’Asia e dell’Africa che non sono cristiani di serie B. Dobbiamo tenere il cuore aperto".

L’Islam a volte oggi sembra una minaccia.

"In Ghana ho incontrato un sacerdote nigeriano e mi ha raccontato dei grossi problemi che hanno, dei villaggi e delle chiese bruciati alla domenica. Dei 21 martiri copti che nel 2015 vennero sgozzati dall’Isis. Gli estremisti islamici non guardano la tua carta di identità, non ti chiedono se sei cattolico, copto o anglicano, una certa lettura fondamentalista dell’Islam vede tutti i cristiani come miscredenti".

E dunque?

"Abbiamo l’esigenza di comprenderci fra di noi cristiani e di testimoniare anche nei confronti dell’Islam, non è semplice. Ma non bisogna fermarsi, Gesù non è scappato, dobbiamo far tesoro della storia ricordandoci delle ferite che possiamo aver inferto anche noi nel passato in nome della religione. Penso alla firma del documento sulla fratellanza umana da parte di Papa Francesco e del Grande Imam di Al-Azhar nel 2019 ad Abu Dhabi, pietra miliare nel riconoscimento della dignità dell’altro e nell’impegno a essere fratelli".

Sarà arcivescovo, come ha reagito la sua famiglia?

"Emozionati e stupiti. Come me".