Eugenio Villoresi, l’ingegnere visionario che portò il mare in Brianza

Eugenio Villoresi, l’ingegnere visionario che portò il mare in Brianza

Eugenio Villoresi, l’ingegnere visionario che portò il mare in Brianza

Brianza sempre più assolata, ma nel sottosuolo ancora ricca di acqua. Lo hanno spiegato gli esperti ospiti della Casa della poesia, diretta da Antonetta Carrabs. L’associazione culturale ha ricordato Eugenio Villoresi, l’ingegnere che portò il mare in Brianza.

Figlio del direttore dei Giardini di Villa Reale, progettò un canaledi 86 chilometri per collegare il lago Maggiore all’Adda, utilizzando le sue acque per distribuirle, a pagamento di tariffa, a tutti i campi compresi fra il canale e la linea dei fontanili. Non fu certo impresa facile, fra ottenimento della concessione governativa e finanziamento dell’opera. Villoresi non ne vide nemmeno il completamento, avvenuto a cura del figlio Luigi nel 1890, 11 anni dopo la sua scomparsa. Con un canale primario di 86 chilometri si riuscirono così ad abbeverare 85mila ettari di campagne, che da asciutte divennero irrigue, con grande profitto per gli agricoltori.

Eugenio Villoresi scriveva così nei suoi appunti intorno al 1870: "Non mi darò pace fino a quando non avrò eliminato questo paradosso: una troppo cospicua parte della Lombardia, la regione italiana più ricca di acque, è afflitta dal flagello delle arsure deleterie". Come ha spiegato l’idrogeologo monzese Fausto Crippa, la fascia a sud di Milano era ricca di acque superficiali (prima falda fino a 3 metri sotto il Duomo di Milano), mentre quella a nord e quindi la Brianza aveva solo falde molto profonde, la cosidetta pianura asciutta, soggetta a grandi siccità e grandi marcite. Il Canale Villoresi ha permesso di rendere fruibile ad uso agricolo 580 chilometri quadrati di territorio, su 264 comuni, fra le province di Varese, Milano e una ventina di comuni della Brianza. Ad oggi ha dato vita a una delle più belle ciclabili d’Europa, attraverso il Parco del Grugnotorto e il parco della Brianza centrale. Le acque scorrono per il principio dei vasi comunicanti, senza pompe, vasche e mulinelli. Quando è asciutto gli animali vengono pescati e buttati nel Lambro; le piccole alghe brune consentono la vita di gamberi e larve che danno da mangiare ad alborelle e lucci. Il canale è popolato da insetti acquatici e impollinatori.

A Monza è abitato da nutrie e tartarughe in via Ghilini, anfibi e rettili in via Buonarroti, gabbianelle, gallinelle, aironi cinerini e germani in via Cavallotti. Secondo il primo progetto il canale sarebbe dovuto passare davanti alla Villa Reale, ma l’originale fu cambiato per garantire la quiete del re. Lo sfruttamento dell’acqua superficiale a Milano per uso industriale ha abbassato la falda, permettendo di realizzare la metropolitana. "Non ci sono problemi per la prosecuzione della metropolitana verso la Brianza – ha precisato Crippa – essendo nella pianura asciutta con falda acquifera profonda".

Cristina Bertolini