Dopo sei anni ancora senza giustizia Processo prigioniero del testimone

Nel dicembre del 2016 aveva assistito all’investimento mortale di Agnese Longoni in viale Brianza a Carate. Per l’ennesima volta non si presenta in Aula e il giudice deve rinviare l’udienza al 29 settembre.

Dopo sei anni ancora senza giustizia  Processo prigioniero del testimone

Dopo sei anni ancora senza giustizia Processo prigioniero del testimone

di Stefania Totaro

Falciata e uccisa da un’auto mentre attraversava la strada per rientrare a casa: dopo oltre 6 anni i famigliari di Agnese Longoni attendono ancora giustizia. Ieri doveva entrare nel vivo al Tribunale di Monza il processo per la tragica morte della 64enne caratese che la sera del 29 dicembre del 2016 è stata investita da una Opel Corsa guidata da un 50enne residente a Carugo, nel Comasco, in viale Brianza, all’altezza della Baita degli Alpini, lungo una delle arterie più trafficate, la strada che dalla Valassina porta alla Monza-Carate. Ma un testimone, che già anche alla precedente udienza non si era presentato, ha dato di nuovo buca e il giudice ha dovuto rinviare ancora il dibattimento, che slitta a fine settembre. Fortunatamente il marito e i figli di Agnese Longoni non sono costituiti parti civili al processo per ottenere un risarcimento dei danni, perché probabilmente è intervenuta la società di assicurazioni dell’automobilista e l’accusa di omicidio stradale non rischia di venire cancellata da un colpo di spugna della prescrizione. Ma 6 anni di attesa, per non vedere ancora neanche in fondo al tunnel un accenno di giustizia in tempi brevi, sono davvero troppi. C’è da dire che questo procedimento si è avviato già ad ostacoli: prima ha ottenuto il trasferimento in altra sede il pm che se ne occupava, poi è deceduto il consulente della Procura che si stava occupando della perizia cinematica per ricostruire la dinamica dell’incidente mortale, poi è passato dal penale al civile il giudice monzese che aveva incardinato il processo.

Ora i testimoni che vengono citati in aula ma risultano assenti. Ci si riproverà il 29 settembre, quando si potrà fare luce sulla tesi della pubblica accusa: l’allora automobilista 50enne ha violato le norme che disciplinano la circolazione stradale con una condotta di guida "gravemente negligente" in quanto "distratto dall’uso del telefono" e "ad una velocità non adeguata" alle condizioni della strada, che "separa due zone densamente abitate, è connotata dalla presenza di notevoli intersezioni anche pedonali e costeggiata da marciapiedi ciclabili". Secondo l’accusa, poi, a causa del traffico sostenuto e alla mancanza di visibilità dovuta all’orario serale, non ha visto la pedone che attraversava la strada, pur senza utilizzare il passaggio sulle strisce pedonali.