VALENTINA VERGANI GAVONI
Cronaca

Diciotto mesi di accoglienza, per tante donne ucraine è ora di tornare a casa. Sfidando anche le bombe

Superata l’iniziale onda emotiva, le risorse sono finite e sono arrivate nuove emergenze. Solo mestieri umili o in nero per professioniste e laureate che nel loro paese stavano bene

Profughi ucraini

Profughi ucraini

Dalle speranze alle difficoltà dell’integrazione: l’accoglienza dei rifugiati ucraini, oggi, è passata alla terza fase, e per molti è una delusione. La provincia di Monza e Brianza ha accolto la percentuale più alta in Lombardia. Secondo la Caritas Ambrosiana, il 29% di coloro che sono scappati dalla guerra dopo il 24 febbraio 2022 sono stati distribuiti in diversi comuni brianzoli. Stando ai dati di luglio 2023, nella zona di Monza sono state accolte 60 persone nei vari progetti istituzionali (CAS, SAI e Protezione Civile). Per quanto riguarda l’accoglienza informale, sono state accolte 21 persone e 41 sono seguite da parrocchie e comunità pastorali.

La prima fase dell’accoglienza, tra febbraio e settembre 2022, è stata caratterizzata da un forte sentimento di solidarietà, accentuato anche dai riflettori mediatici. In questa fase i rifugiati ucraini hanno ricevuto un trattamento esclusivo, riservato solo a loro. Le risorse però, non potevano durare in eterno e le cose sono cambiate. Tra settembre e ottobre 2022 molti sono stati trasferiti nei vari centri di accoglienza del territorio. Durante la seconda fase poi, i riflettori mediatici sono rimasti accesi sulla guerra in Ucraina, ma si sono spenti sui rifugiati ucraini in Italia. Parliamo di un’immigrazione femminile nella maggioranza dei casi. Donne single, madri con figli e mogli. Gli uomini hanno ancora oggi l’obbligo di combattere in Ucraina e solo chi riesce a ottenere l’esenzione può lasciare il Paese regolarmente. Chi non la ottiene e si rifiuta di combattere trova altre soluzioni. Le rifugiate ucraine, a differenza di tutti gli altri, hanno avuto la possibilità di lavorare. Il contesto in cui però si dovevano inserire fin dall’inizio era lo stesso in cui tutti gli immigrati devono integrarsi: "Questa può essere l’occasione per ripensare al modo in cui facciamo accoglienza", ha affermato Luciano Gualzetti, direttore della Caritas Ambrosiana durante la presentazione del rapporto sulle povertà il 25 ottobre 2022. Dopo l’assistenza primaria focalizzata sulle donazioni, viveri e vestiti, molte di queste persone sono ritornate in Ucraina nonostante la guerra. Per alcune è sempre stato l’obiettivo principale, altre invece non sono riuscite a integrarsi all’interno della nuova comunità.

L’esperienza di queste rifugiate in Brianza non è uguale per tutte. E molti fattori dipendono dalla loro storia personale. Parliamo di donne e bambini che facevano una vita simile a quella di qualsiasi italiano. Da un momento all’altro si sono ritrovati a condividere i problemi di tutti i rifugiati di guerra e i traumi psicologici risultano difficili da gestire. Molti nuclei familiari sono stati trasferiti in diversi istituti e la nuova situazione ha generato scompensi emotivi. La testimonianza di alcune ucraine ospiti di un istituto religioso in Brianza conferma la difficile transizione tra la prima e la seconda fase dell’accoglienza: "Inizialmente siamo state accolte dalle famiglie italiane e ringraziamo per la loro ospitalità. Poi la Prefettura ci ha mandate qui. Ora abbiamo i documenti e il permesso di soggiorno, ma dove possiamo lavorare? Ci hanno proposto solo lavori come badanti o donne delle pulizie e molte lavorano in nero".

Tante sono laureate e in Ucraina avevano una carriera professionale già avviata. Le offerte in Brianza però non rispecchiano il loro livello di istruzione e spesso le donne ucraine sono fortemente stereotipate. È vero anche che negli anni molte venivano a lavorare come badanti e donne delle pulizie per scelta. Quelle che sono arrivate dopo il 24 febbraio 2022 sono finite nella rete già radicata. L’alternativa era quella di cercare lavoro come fanno tutti, anche gli italiani, ma l’ostacolo linguistico e tutti i problemi legati allo spostamento hanno complicato le cose.

"Le colf e le badanti sono generalmente dell’Est, soprattutto ucraine e moldave – afferma Annalisa Caron, ex operatrice Anolf e segretaria della Cisl di Monza, e continua – Si va avanti così perché colmano una lacuna che lo Stato non sarebbe in grado di colmare". Parliamo dell’assistenza agli anziani e la crisi delle Rsa.

Dopo la prima e la seconda fase dell’accoglienza, oggi la situazione si presenta ancora diversa. L’Italia non accoglie solo i rifugiati ucraini e la necessità di gestire l’emergenza immigratoria ha destabilizzato ulteriormente le cose: "La situazione è cambiata perché il sistema è cambiato. Con il perdurare della guerra in Ucraina, si è trasformato", spiega Renato Moggi, presidente della cooperativa sociale onlus che ha vinto la gara di appalto con la Prefettura di Monza. Un bando inserito all’interno della comunità Mamma Irma. "Molte hanno trovato soluzioni differenti, più stabili. Anche in Ucraina", dice. Attualmente "il flusso di immigrazione è molto più blando rispetto all’inizio. Dall’Ucraina oggi non vengono più allo sbaraglio. Vengono già con una collocazione fissa. Le rifugiate ucraine che ospitavamo sono state trasferite ad Agrate e sono arrivate altre donne provenienti dal centro Africa". Alcune hanno trovato lavoro e sono uscite dai centri di accoglienza, ma la volontà di molte rifugiate ucraine era quella di ritornare in Ucraina con tutta la famiglia. "Non volevano venire qui e il loro obiettivo è sempre stato quello di tornare a casa loro ", racconta Luigia Cassina, volontaria presso la Casa della Carità di Seregno. Si riferisce a una famiglia arrivata in Brianza dopo il 24 febbraio 2022. "La mamma non ha imparato la lingua e la figlia non ha voluto mettersi in regola quando lavorava qua perché aveva paura di mettere le radici. Ora dovrebbero essere a Kiev. Siamo rimaste in contatto e ci scriviamo su Whatsapp", spiega.