
Desio (Monza e Brianza) – Lo chiamo al telefono, per assicurarmi di trovarlo all’indirizzo in centro a Desio che mi è stato fornito, e mi impappino subito. "Signor Savas buongiorno, sto venendo a trovarla, per l’intervista. È a ca....". Mi fermo di colpo. Paralizzato alla parola "casa". Domanda sbagliata o quanto meno inopportuna. Perché una casa, lui, non ce l’ha. Evito di chiedere "è in garage?" e riesco in qualche modo a farmi capire. "Sono a fare un po’ di spesa, ci vediamo tra mezz’ora".
Spunta in compagnia di una vicina di casa che l’ha accompagnato al supermercato. La donna parcheggia l’auto, in questo cortile decoroso nel cuore della città, e chiude il garage, per salire in casa. Savas, invece, apre il garage, per entrarci nella sua di "casa". "Vivo qui da tre, quattro anni", dice. Un po’ come se, in questi pochi e grigi metri quadrati, avesse smarrito anche il senso del tempo. Eppure, nonostante i suoi 68 anni, una malattia seria, la sclerodermia, che lo rende invalido al 100%, è pienamente lucido.
Nel raccontare la sua storia e nel chiedere ancora una volta di poter avere un tetto vero sotto il quale poter dormire. "Sono in Italia da 55 anni, a Desio da 26 – racconta quest’uomo stanco ma ancora determinato, originario della Turchia –. Facevo l’autista dei bilici, per un’azienda di Bergamo, prima ancora il saldatore. Poi mi sono ammalato e non ho potuto più lavorare".
La situazione precipita quando divorzia dalla moglie. E deve abbandonare la casa, dove la stessa ancora vive, "è qui sopra – dice Savas – lei mi ha concesso di utilizzare il garage e da allora abito qui". Sulla sinistra un banchetto con delle attrezzature, con le quali forgia orecchini e varia bigiotteria, la sua passione. Sulla destra varie cianfrusaglie, varie scaffalature, un po’ di casse d’acqua. Poi delle tendine.
"Questo è il mio letto", ne apre una, svelando una branda carica di pesanti coperte. "Qui la faccio, poi vado fuori a svuotare da qualche parte....", indica il water portatile.
Una scatola di cemento. Senza riscaldamento. Senza acqua. Con una sola lampada. "Per lavarmi uso le fontanelle in giro – dice – ogni tanto la signora mi permette di farmi la doccia su in casa. Io ho la mia pensione ma devo darle dei soldi, così la aiuto, lei mi cucina e mi lava i vestiti". Un nuovo inverno gelido è ormai alle porte. "Per le sue condizioni rischia seriamente di morire", dice Micol Cappello, una consulente sociale che lo sta seguendo cercando di aiutarlo, "è assurdo che il Comune non riesca a garantirgli un alloggio dignitoso".
Lui ci ha fatto l’abitudine, ormai, "nei momenti più freddi indosso anche questo cappotto molto pesante e mi metto molte coperte, resisto, ma non capisco perché non riesco ad avere un alloggio comunale. Dovrei essere primo in graduatoria, per le mie condizioni, e invece niente".
Alla base ci sarebbero criticità nella sua posizione relativa alla residenza e al rapporto con la ex moglie. Ma lui non riesce a darsi pace: "L’assistente sociale è venuta a vedere in che condizioni vivo – sbotta – ma poi mi prendono sempre in giro. Mi dicono di chiedere di poter dormire di sopra, sul divano. Oppure che mi devo arrangiare con i figli: ma uno vive in Belgio, uno a Napoli e uno a Bergamo, con famiglia, in un bilocale".
Soluzioni impraticabili, secondo lui, come impraticabile è la strada verso un affitto privato: "Potrei riuscire a sostenere sui 350 euro al mese, ma ho trovato ad Alessandria – dice – come posso trasferirmi lì, che ogni mese devo fare le terapie in ospedale a Milano? Adesso andrò in anagrafe per avere il certificato da senza fissa dimora, vediamo se con quello si riesce a sbloccare la situazione. Sono determinato a far valere i miei diritti: se necessario vado anche al Ministero a Roma".
Nel frattempo , va a prepararsi qualcosa per cena: "Un po’ di formaggio e un pezzo di pane, cosa vuoi che mangi". Saluta e chiude la porta...del garage.