Concorezzo, neonato morto dopo il parto in casa: ostetrica a processo per omicidio colposo. La dottoressa: “I bambini devono nascere in ospedale”

La testimonianza della soccorritrice arrivata in emergenza a casa dei genitori del piccolo, oggi nell’aula del Tribunale di Monza

Tribunale (foto archivio)

Tribunale (foto archivio)

Concorezzo (Monza Brianza), 17 Aprile 2024 - "Il sospetto è che il neonato non avesse avuto l'assistenza adeguata. I bambini devono nascere in ospedale". Ne è convinta la dottoressa che il 4 aprile 2022 ha soccorso e rianimato un bimbo appena nato in casa a Concorezzo. Il piccolo però non ce l'ha fatta e ora un'ostetrica milanese settantenne si trova imputata di omicidio colposo in un processo al Tribunale di Monza.

Parti civili, rappresentati dagli avvocati Paola Scaccabarozzi e Nino De Benedetti, i genitori del neonato, una coppia di quarantenni residenti a Concorezzo che, per la nascita del loro secondogenito, avevano deciso per il parto in casa, invece che in ambiente ospedaliero. Ma era finita in tragedia, con il piccolo in ipossia, strozzato dal cordone ombelicale. Poi la corsa in ospedale e il decesso avvenuto un paio di giorni più tardi.

Secondo l'accusa, l'ostetrica sarebbe colpevole di una lunga serie di negligenze, a partire dal fatto di non essersi fatta affiancare da una seconda ostetrica, come previsto dalle linee guida della normativa regionale in tema di parto domiciliare. E di non avere avvertito il più vicino ospedale che era in corso la nascita del bambino per un'eventuale assistenza.

La dottoressa dell'emergenza che è arrivata quella mattina nell'abitazione di Concorezzo è stata convocata oggi come testimone al dibattimento davanti al giudice Carlo Ottone De Marchi dalla rappresentante della pubblica accusa, la pm Sara Mantovani.

Il difensore dell'imputata, l'avvocato Pietro Gori, ha puntato il dito contro l'uso dell'adrenalina per rianimare bimbi così piccoli. "L'adrenalina è un vasocostrittore ma non causa danni cerebrali, è l'ipossia che li causa - ha risposto la testimone - In 22 anni di esperienza non mi è mai successo, anche a dosaggi altissimi. Quel cuore aveva bisogno di riprendere ad ossigenare i tessuti e senza l'adrenalina si sarebbe fermato. Invece era ripartito tutto, ma i danni causati dall'ipossia ormai erano gravi". Si torna in aula a maggio.