STEFANIA TOTARO
Cronaca

Cigno Nero, due mesi all’erede. E una multa per abbandono di rifiuti

Il Comune aveva trascinato in Tribunale la figlia della storica proprietaria della villa in centro al paese

Cigno Nero, due mesi all’erede. E una multa per abbandono di rifiuti

Cigno Nero, due mesi all’erede. E una multa per abbandono di rifiuti

Due mesi di arresto con la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna, ma subordinata al pagamento, entro 3 mesi dalla sentenza definitiva, di una provvisionale di 10mila euro sul risarcimento dei danni al Comune di Caponago. È la condanna inflitta dal Tribunale di Monza, per abbandono di rifiuti nella storica proprietà Moneta Caglio, all’erede del Cigno Nero, così soprannominata negli anni Cinquanta quando testimoniò sulla morte della ventunenne Wilma Montesi, trovata cadavere su una spiaggia di Torvajanica, forse reduce da una delle feste della gioventù bene romana.

Quella decisa dalla giudice Giulia Marie Nahmias è una pena relativa non a un reato penale ma a una contravvenzione, come è ritenuto il reato ambientale di abbandono di rifiuti. E verrà cancellata, neanche riportata sul casellario delle condanne, se verrà pagato l’anticipo sul risarcimento dei danni che il Comune di Caponago dovrà invece richiedere eventualmente con una apposita causa civile. L’Amministrazione comunale si è costituita parte civile al dibattimento, rappresentata dall’avvocato Franco Silva, che aveva chiesto un risarcimento dei danni di 50mila euro. Il rappresentante della pubblica accusa aveva invece chiesto per l’imputata la condanna a 1 anno di arresto. Dal canto suo, la figlia della contessa Marianna Augusta Moneta Caglio Monneret de Villard morta nel 2016, Alessandra Ricci, non si è neanche presentata al processo ed è stata difesa da un avvocato nominato d’ufficio, che ha acconsentito a depositare tutti i documenti delle indagini della Procura di Monza, senza chiedere di citare testimoni o di sentire l’imputata. Per questo il dibattimento, che era stato fissato ieri per la prima udienza, ha saltato l’istruttoria passando subito alla discussione e alla sentenza. Sotto accusa le condizioni igienico sanitarie della proprietà che sembra risalire addirittura al 1200. Al centro una villa storica cadente, in condizioni igieniche precarie, abitata, secondo i vicini di casa, da una colonia di topi che va a infestare le case limitrofe e da anni oggetto di discussioni tra la proprietà e l’amministrazione comunale. Nel 2014 a Caponago è diventata sindaca Monica Buzzini e ha deciso di passare alle vie giudiziarie. "Non ce l’ho con la proprietà, ma devo tutelare la sicurezza dei miei cittadini - sostiene la prima cittadina - In particolare, il muro prospiciente via Santa Giuliana è pericolante, abbiamo chiesto alla proprietà con un’ordinanza di intervenire ma non è stato fatto nulla. Abbiamo dovuto pagarci una perizia e metterlo in sicurezza. Dopo il primissimo intervento di pulizia e disinfestazione, costatoci 20mila euro appena mi ero insediata, ci è toccato intervenire più volte. Quella dimora non ha più nemmeno l’abitabilità. È una questione di salute e di igiene pubblica". La figlia del Cigno Nero ribatte. "La parte pericolante si affaccia sulla mia proprietà ed è stata messa in sicurezza con un telo impermeabile fissato con chiodi. La verità è che hanno sempre voluto cacciarci di qui, già dai tempi di mia madre.

Questa era una villa di delizia - spiega - ci sono due piani da 750 metri quadrati l’uno, soffitti alti sei metri, un pavimento in cotto che risale al Seicento, boiserie in legno intarsiato e cassettoni istoriati e una torretta di 300 metri quadri". Un patrimonio storico da salvare. La stessa contessa aveva cercato invano di donare il palazzo all’Università Statale di Milano. L’ultimo tentativo fu quello del museo del Cigno Nero. Ma non si erano raccolti i fondi necessari. "Abbiamo deciso di vendere e lasciare il Palazzo, ci sono trattative in corso. Ho intenzione di andarmene da Caponago e non tornarci mai più", chiosa l’erede.