
I carabinieri intervenuti a Desio sul luogo in cui il 14 novembre 2011 fu ucciso Paolo Vivacqua, rottamaio siciliano trapiantato in Brianza
Più di 5 anni e mezzo, precisamente 2044 giorni, trascorsi in carcere con l’accusa di essere l’intermediario per l’omicidio di Paolo Vivacqua, rottamaio siciliano trapiantato in Brianza chiamato il "Berlusconi di Ravanusa", ucciso il 14 novembre 2011 con 7 colpi di pistola nel suo ufficio di Desio.
Ora la quinta sezione penale della Corte di Appello di Milano ha riconosciuto 241mila euro come risarcimento dei danni per ingiusta detenzione a Salvino La Rocca, 56enne, difeso dagli avvocati Salvatore Manganello di Agrigento e Alessandro Frigerio di Monza. La storia infinita di questa vicenda giudiziaria ha avuto inizio il 2 dicembre 2015 con la sentenza della Corte di Assise di Monza che ha condannato a 23 anni di reclusione Barba (imputato come mandante dell’assassinio insieme alla moglie della vittima Germania Biondo, poi assolta definitivamente, mentre Barba attende la pronuncia sul risarcimento da ingiusta detenzione) e La Rocca. Quest’ultimo era stato ritenuto intermediario tra il mandante e gli esecutori materiali del delitto, Antonino Giarrana e Antonino Radaelli, condannati all’ergastolo dai giudici monzesi e già in carcere per il successivo omicidio della consuocera di Vivacqua, Franca Lojacono, accoltellata alla gola in auto nel box della sua abitazione per farsi dire dove Vivacqua teneva una grossa somma in contanti.
Solo dopo 10 anni e mezzo dal fatto la Corte di Cassazione ha detto la parola fine a 6 anni di processi dichiarando inammissibile il ricorso della Procura generale di Milano, che avrebbe voluto far scattare il settimo giudizio sulla vicenda, il terzo davanti ai giudici supremi e ha fatto diventare definitiva la sentenza di assoluzione per Barba e La Rocca.
Quest’ultimo aveva chiesto il risarcimento di 482mila euro, sostenendo anche di non avere potuto, a causa della sua ingiusta carcerazione, onorare il mutuo garantito da ipoteca della casa familiare in Brianza, revocato dalla banca con la richiesta del pagamento immediato del debito. Ma i giudici milanesi l’hanno dimezzato ritenendo che La Rocca abbia avuto "comportamenti oggettivamente ambigui" nella vicenda. Come i contatti emersi con Giarrana e con il testimone Gino Guttuso le cui dichiarazioni sono risultate inutilizzabili. Ora bisognerà attendere se la difesa del 56enne, oppure la Procura generale che voleva respinta la richiesta di risarcimento, ricorreranno in Cassazione.