A lungo borgo contadino, patria del gelso per il baco da seta e pure terra di vigneti. Poi, da metà Novecento, cittadina sempre più caratterizzata dalla presenza di industrie, anche importanti. Oggi, in bilico tra memoria e cambiamento, Biassono è una città ricca di servizi, curata e vivibile, a due passi da Monza e giusto qualcosa di più da Milano. Un luogo tranquillo ma culturalmente vivace, grazie a un tessuto molto fitto di associazioni. Per quanto calati nella modernità digitale, qui all’identità storica ci tengono ancora molto. A farla da padrone, come impieghi, sono industrie e servizi, ma del passato a forte vocazione agricola restano ricordi e tracce che vengono tramandate in alcune feste tipiche, come la Fiera di San Martino, che a inizio novembre mette in scena mostre zootecniche, mestieri di una volta, cene a colpi di buseca e cassoeula, o come la Festa del Ringraziamento a gennaio, tra sfilate di trattori, benedizione dei mezzi contadini e momenti culinari. Certo, di primo acchito, ora come ora, uno faticherebbe a immaginarlo, ma Biassono è stato un paese contadino fino a ottant’anni fa o giù di lì: guardando la città per come appare adesso è un’immagine difficile da ricostruire, ma un secolo fa qua era tutta campagna. "Nel 1906 era arrivato il primo aratro, ed era inglese - racconta Cornelio Saini, memoria storica del territorio -. Oggi a Biassono non lo ricorda più nessuno, ma qui, nel 1913, 80 contadini hanno comprato il paese: si sono messi assieme, hanno contratto un mutuo e hanno acquistato i terreni che erano di proprietà della famiglia Verri. A Biassono un tempo c’erano anche le vigne". E il ricordo di questo passato vitivinicolo viene tenuto vivo dalla presenza di un vigneto, di proprietà comunale, in via Madonna delle Nevi, in quella che ancora viene chiamata la zona delle cascine: si tratta di 5 filari, per un totale di 500 viti, che si estendono su un’area di circa mille metri quadri. Da quelle uve di pinot nero nasce il vino rosso denominato “Sgurbatel”. La prima produzione di Sgurbatel risale al 2014, mentre gli ultimi due anni sono stati di magra, a causa del maltempo e di alcune malattie delle piante. "Poi negli anni Trenta e Quaranta sono arrivate le prime industrie: Boldrocchi, Gaito, Magistroni - ricostruisce Saini -. E lì il paese ha trovato da lavorare: in quel periodo si è pian piano trasformato. Nel Dopoguerra alle 4.30 del mattino c’erano i pullman già pieni di gente che andava a lavorare a Sesto San Giovanni alla Falck, alla Pirelli, alla Breda. In tanti ci andavano in bici". "Allora hanno cominciato a girare i soldi e si è iniziato a costruire le case, le villette, ed è arrivato il benessere - rievoca Giancarlo Noli, storico fotografo locale -. Oggi si sono un po’ perse le tradizioni del paese, come si sono smarrite certe persone che sapevano tirare le fila, organizzare e spendersi per la comunità. C’è tanta gente nuova, che arriva da fuori, ci si conosce sempre meno. Ma indubbiamente, quanto a strutture e servizi Biassono è il paese più bello della zona". Però la memoria torna facilmente alla storia passata, di quando qui c’era una vera e propria fabbrica contadina di bachi da seta. "Biassono era un po’ la patria del gelso - spiega Noli -. Una cosa che oggi pochi ricordano è che il paese viveva di quello: fino al 1929 c’erano tantissimi bachi da seta, perché la seta veniva usata per fare i dirigibili. Poi i tempi sono cambiati e i gelsi li hanno tolti tutti".
CronacaAlla scoperta di Biassono. Dal gelso alle industrie. L’antico borgo contadino è diventato una città