ALESSANDRO SALEMI
Cronaca

Alla scoperta di antiche tradizioni. La Collinetta ritrova le “sue” vigne

Vedano, nessun intento produttivo ma la volontà di recuperare lo spirito del luogo

Vedano, nessun intento produttivo ma la volontà di recuperare lo spirito del luogo

Vedano, nessun intento produttivo ma la volontà di recuperare lo spirito del luogo

Torneranno le vigne, con i loro profumi e la loro poesia, sulla Collinetta di Vedano. Non un impianto produttivo, ma una restituzione simbolica che intende recuperare lo spirito originario del luogo, quando tra le vigne si celebravano vendemmie alla presenza dei Principi. A volerlo è il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, che ha inserito l’intervento nel programma degli interventi prioritari per la valorizzazione del complesso monumentale. A documentare l’antica presenza dei filari è Giovanni Antonio Mazzotti, che nella sua Passeggiata nel Real Parco di Monza del 1841 descrive la collinetta come "un graziosissimo poggio con un vigneto della più gran bellezza", luogo di festeggiamenti per l’aristocrazia lombarda. Un’incisione di Carlo Sanquirico del 1850 mostra le viti sotto il celebre “tempietto di ferro”, elemento architettonico che dominava la Collinetta. Anche Carlo Porta, in un componimento del 1815, cita il vino di Vedano. La coltivazione della vite, d’altronde, era diffusa in tutta la zona. Ancora nel primo Ottocento, il “terreno aratorio vitato” era la tipologia più comune nell’area che sarebbe poi confluita nel grande Parco voluto da Napoleone. Lo testimonia anche la stima catastale del 1806, redatta dall’ingegnere Ferrante Giussani, dove i fondi di Monza e Vedano risultano in gran parte coltivati a vite.

"L’intento è ripristinare il sentire e la gioiosità di questi luoghi - spiega Paolo Pilotto, sindaco di Monza e presidente del Consorzio -, riportando in vita un frammento autentico di paesaggio storico". Il progetto ha un costo di circa 32mila euro ed è incluso nel più ampio programma di tutela del patrimonio arboreo del Parco (234.600 euro in totale). I lavori sono affidati a Ersaf, che in questi giorni sta procedendo con la messa a dimora delle barbatelle. Le nuove viti (Vitis labrusca, uva fragola nera), resistenti alla fillossera, saranno allevate a spalliera, sorrette da pali di castagno e cavi in acciaio inox. Verranno “maritate” ai gelsi, in omaggio alla tradizione contadina. Il vigneto non avrà scopi produttivi, ma esclusivamente decorativi e didattici. In cima alla collina, quattro gelsi verranno sagomati secondo la forma del tempietto ottocentesco, evocando l’immagine perduta che ancora oggi affiora nella memoria del Parco.

A.S.