
Luca Guerrini, ultrà milanista di 27 anni, in via degli Imbriani giovedì pomeriggio dopo l’agguato
Milano – I sicari sapevano benissimo chi colpire e conoscevano ancor meglio le abitudini del loro bersaglio. Sono andati a colpo sicuro, ma l’agguato è fallito: i due colpi calibro 9x21 esplosi con una scacciacani modificata (che poi si è inceppata espellendo il terzo proiettile a vuoto) non hanno colpito Luca Guerrini, volto noto e in ascesa al secondo anello verde del Meazza. Dopo il primo sparo, diretto alla portiera anteriore sinistra della Q3, il ventisettenne è riuscito a sgattaiolare dalla parte opposta dell’abitacolo, uscendo dallo sportello destro dell’Audi e scappando a perdifiato per alcune centinaia di metri; a un certo punto, Guerrini si è girato sul marciapiedi di viale Jenner e ha visto che i killer non gli stavano dietro.
Agli investigatori della Squadra mobile, coordinati dai pm Paolo Storari e Sara Ombra e guidati dal dirigente Alfonso Iadevaia, l’ultrà rossonero, entrato nel direttivo dopo gli arresti dell’operazione “Doppia Curva”, ha riferito di essere andato a lavoro alle 10.30 nella barberia in franchising “Italian Ink” (riconducibile a Luca Lucci) di via Mercantini 17 e di essere uscito poco dopo le 12.30 per la pausa pranzo. In piazza Bausan, quindi ad alcune centinaia di metri dal luogo del blitz a mano armata, si è accorto della presenza di una Honda di grossa cilindrata con due uomini a bordo: chiara la sensazione di essere pedinato.
Al semaforo di via degli Imbriani angolo piazzale Nigra, il passeggero della moto, che indossava un k-way nero e aveva il volto completamente coperto da un casco integrale, è sceso e si è avvicinato a passo svelto all’Audi. Due colpi per uccidere. Poi la fuga, da ricostruire con le immagini delle telecamere di videosorveglianza. Dopo essere fuggito a piedi, Guerrini è tornato dopo circa mezz’ora a riprendersi la macchina e si è diretto verso Lambrate: lì ha ricevuto la telefonata della madre, allertata dalla polizia perché il leasing della Q3 è intestato a lei, che l’ha spinto a tornare alla Bovisa; e così ha fatto il ventisettenne, dopo aver chiamato la compagna per rassicurarla sulle sue condizioni di salute.
In Questura ha messo a verbale una versione ritenuta poco credibile: ha detto sì di essere un frequentatore della Sud, ma di non ricoprire alcun ruolo decisionale; ha ammesso di conoscere Lucci per questioni di tifo e di avergli chiesto di entrare nel business di “Italian Ink”, corrispondendo una quota mensile di 250 euro più Iva (più 1.800 euro di affitto a un’altra persona); ha negato di aver litigato con qualcuno e in sintesi si è mostrato sorpreso dell’accaduto (“Non ho alcuna idea di chi mi abbia sparato”). Nel bagagliaio, teneva in uno zaino lo striscione con la scritta “Solo per la maglia” e il bandierone con la faccia di Herbert Kilpin, gli unici simboli attuali della Sud: difficile pensare che quei vessilli vengano affidati a un personaggio di secondo piano.