
Violenza sui bambini
Monza, 16 marzo 2019 - Aveva 5 anni quando ha iniziato a subire gli abusi sessuali del 16enne che faceva da babysitter a lei e ripetizioni a suo fratello di 7 anni, minacciato a sua volta perché non raccontasse nulla ai genitori.
Ora quella bambina ha 19 anni e l’orco, figlio di amici di famiglia, ormai trentenne ma con un passato da volontario, per quanto è dato sapersi quantomeno in una biblioteca monzese, è stato condannato alla pena definitiva di 6 anni di reclusione e per lui si aprono le porte del carcere. Ma sono dovuti trascorrere 10 anni dalla denuncia della mamma, a cui la piccola aveva trovato il coraggio di confessare, seppure a scoppio ritardato, 3 anni di sevizie. E ben 5 gradi di giudizio, durante i quali i giudici hanno anche messo in discussione che la ragazza, costretta a seguire un lungo percorso di sostegno psicologico, fosse idonea a testimoniare. La dolorosa vicenda giudiziaria parte nel 2009 dall’esposto presentato dai genitori dei due fratellini.
I fatti contestati sono risalenti a un periodo tra il 2004 e il 2007, anno in cui la mamma smette di lavorare e congeda il figlio dei cari amici. Secondo la testimonianza dei due bambini, il 16enne, quando si recava a casa loro con il compito di curarli, portava in bagno la bambina costringendola ad atti sessuali. "Non raccontate niente a mamma e papà, altrimenti dirò che vi comportate male e siete cattivi e vi allontaneranno da loro", intimava il babysitter. Nel 2012 il ragazzo ormai maggiorenne (che non ha mai subìto alcuna misura cautelare) viene condannato dal Tribunale di Monza a 6 anni di reclusione e al risarcimento dei danni alla vittima. Pena confermata anche nel 2015 in appello. Mentre 2 anni dopo la Corte di Cassazione, sempre su ricorso della difesa dell’imputato, annulla la sentenza rimandando il processo davanti ad un’altra sezione di Corte di appello ritenendo che dovesse venire valutata con un’apposita perizia l’idoneità della vittima a testimoniare. Una consulenza a cui viene, di fatto, sottoposta l’intera famiglia, rivoltata come un calzino sui rispettivi rapporti, con il loro passato messo sotto la lente di ingrandimento.
Una impietosa radiografia da cui la famiglia esce però ancora in piedi. I giudici milanesi ritengono che la bambina fosse perfettamente capace di rendere testimonianza e nel maggio del 2018 confermano per l’imputato la condanna a 6 anni. Ma la difesa dell’orco diventato ormai un uomo gioca anche l’ultima carta dell’ennesimo ricorso in Cassazione, che nel febbraio scorso lo giudica inammissibile. La sentenza diventa quindi definitiva, dopo 10 anni e 5 gradi di giudizio, a cui si deve aggiungere ora solo l’esecuzione della pena.