SILVIO DANESE
Milano

Visconti, Rocco e la città: così Milano fece da set

In mostra gli scatti del capolavoro di Visconti

Alain Delon

Milano, 19 febbraio2017 - Esiste, non c’è dubbio, un’immagine di Milano, negli occhi dei contemporanei, come nella memoria di chi ha voglia di ricordare, prima e dopo "Rocco e i suoi fratelli". Prodotto tra il ‘59 e il ‘60, ispirato dai racconti di Testori "Il ponte della Ghisolfa", lasciò a Luchino Visconti il gusto amaro di una sconfitta non giustificata alla Mostra di Venezia, dove vinse Cayatte con il mediocre "Il passaggio del Reno" (l’edizione più contestata della storia del festival). La storia della famiglia di contadini lucani che, trasferita a Milano sulla spinta del boom economico, va a pezzi ha una omegeneità, una tenuta, visiva prima di tutto che supporta certe insufficienze di sceneggiatura come di cast (bravissimi gli attori, ma c’erano dei problemi a combinare Alain Delon con un giovanotto lucano dei primi ‘60).

Luchino Visconti
Luchino Visconti

Giovanna Calvenzi, studiosa e docente di fotografia contemporanea, ha selezionato quaranta scatti dal film di Visconti, scatti di autori, adeguandosi alle scelte formali del direttore della fotografia.

I CLIC DEI PROTAGONISTI Da sinistra Alain Delon e Annie Girardot al Duomo, Delon da solo, Giradot e Renato Salvatori in tram; Luchino Visconti  Sotto Salvatori e Girardot
I CLIC DEI PROTAGONISTI Da sinistra Alain Delon e Annie Girardot al Duomo, Delon da solo, Giradot e Renato Salvatori in tram; Luchino Visconti Sotto Salvatori e Girardot
Rilevante è che, a volte, questi scatti non corrispondono alle scene nel montaggio finale, mentre cercano proprio di condensare un significato visivo, fotografico, di quelle scene, della location in rapporto ai personaggi: «Il loro lavoro tuttavia è prezioso - dice Calvenzi - perché documenta il “farsi” del film, in una galleria di volti, sguardi, posture, ambienti, che possono essere riproduzioni fedeli delle scene o istantanee del backstage, dove sempre entra in gioco la loro personale sensibilità». Nato Visconti di Modrone, conte di Lonate Pozzolo, ma anche Duca di Grazzano Visconti, Signore di Corgeno e Patrizio Milanese, ingordo di esperienze, grondante cultura, Luchino si trovò, non a sua insaputa, erede del connubio strategico tra l’Italia borghese industriale (gli Erba farmaceutici di donna Carla, amante di mondanità, feste e balli sfarzosi, ma anche seria e severa) e l’aristocrazia illuminata d’insofferenza monarchica (il Duca Giuseppe, spiato sulla poltrona a leggere Proust).