ANNA GIORGI
Cronaca

Il trauma degli “orfani speciali”, lo psicoterapeuta e padre adottivo Damiano Rizzi: “Bambini invisibili per lo Stato”

Lo psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza: vanno evitati sensi di colpa e sindrome da sopravvissuto. “Manca una mappatura nazionale delle duemila vittime indirette, subito un Registro dell’emergenza”

Vicini di casa e inquirenti in via Cerca, a Settala (Milano), dopo il femminicidio

Vicini di casa e inquirenti in via Cerca, a Settala (Milano), dopo il femminicidio

Milano – Un’altra bambina ieri è diventata orfana di femminicidio. Damiano Rizzi, psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza, che cosa comporta per un bambino assistere a un evento così drammatico?

“Nel 50% dei femminicidi il bambino assiste, che non vuol dire solo guardare. I bambini cercano spesso di proteggere il genitore maltrattato, sviluppano comportamenti di accudimento. I maltrattamenti, fino all’omicidio, sono eventi che lasciano nel bambino sintomi simili allo stress post traumatico. Il trauma diventa un pensiero “intrusivo“ nella loro vita, che si ripropone nella mente e il bambino continua, così, a riviverlo. Può sviluppare un profondo senso di colpa o una sindrome da sopravvissuto”.

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Damiano Rizzi

Cosa diventa urgente in questi casi?

“Un percorso di psicoterapia specializzato, ma spesso non basta la psicoterapia tout court bisognerebbe prima avere una “storia“ del bambino, perché ognuno reagisce diversamente ai traumi, in base alla vita vissuta, all’età e ad altri fattori”.

Cosa è stato fatto fino ad oggi per gli orfani di femminicidi?

“Nel 2018 è stato istituito un fondo che dovrebbe occuparsi delle cure sanitarie e degli aspetti economici degli orfani speciali.Nella maggior parte dei casi chi è vittima non sa che esiste questo fondo, poi è necessario distinguere le esigenze singole. C’è chi, dopo il dramma, ha anche problemi economici e non può pagarsi la psicoterapia, per la quale è previsto solo un rimborso, non un anticipo. Per gli orfani di età più adulta ci sono fondi che possono essere chiesti per proseguire, ad esempio, gli studi universitari, ma sono fondi ad esaurimento. La strada quindi è ancora lunga, c’è molto da fare”.

Quanti sono gli orfani speciali in Italia? C’è un dato?

“Sono circa 2000, di cui – drammaticamente – non esiste una mappatura né una conoscenza reale. Come psicoterapeuta dell’età evolutiva e come padre adottivo del figlio di mia sorella, uccisa dal marito, rivendico con forza l’urgenza di istituire un Registro nazionale degli orfani di femminicidio: un Albo pubblico che raccolga tutte le segnalazioni, affinché questi bambini e ragazzi possano essere conosciuti, riconosciuti e tutelati”.

Il femminicidio sta diventando un’emergenza quasi quotidiana: perché questa lunga scia di sangue non si ferma, nonostante il clamore, le proteste, l’inasprimento delle aggravanti?

“Perché è un tema di cui abbiamo ancora capito poco. Si, ci sono interventi, come il codice rosso, il braccialetto elettronico, ma non si possono dare soluzioni a mo’ di bonus, bisogna continuare a lavorarci per capire poi i punti di caduta di questi interventi. E poi ci sono seimila anni di patriarcato che vede la donna come essere inferiore e di proprietà dell’uomo. Affrontare un tema così radicato vuol dire fare i conti con assetti che si sono normalizzati e, quindi, sono difficilissimi da cancellare”.