BARBARA CALDEROLA
Economia

Chip commestibili per la sanità: diagnosi con le pillole intelligenti

Milano, il dispositivo nato all’Istituto italiano di tecnologia con oro da cucina e carapace dei granchi

Mario Caironi

Mario Caironi

Milano – Balzo in avanti per l’elettronica commestibile, ultima frontiera della diagnostica medica e della sicurezza dei cibi. Nel laboratorio di Mario Caironi e del suo team all’Istituto italiano di tecnologia di Milano è nato il chip che si può ingoiare senza danni per la salute. Applicazioni ad ampio raggio per l’innovazione ottenuta dai ricercatori sostituendo l’inchiostro per stampare i circuiti con l’oro, già usato per le decorazioni in cucina a partire dall’indimenticabile risotto di Gualtiero Marchesi, ma i pasticcieri vi ricorrono ogni giorno per abbellire i loro dolci. Insieme al metallo prezioso c’è anche il chitosano, un carboidrato estratto dal carapace di granchi e gamberetti in grado di far funzionare il dispositivo.

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Obiettivi: curarsi meglio e difendere la qualità degli alimenti. La scienza promette che è tutto possibile, lo certifica uno studio dell’équipe meneghina con il prototipo già descritto dalla rivista Nanoscale . Il percorso è cominciato nel 2020 con un finanziamento di 2 milioni dell’European Research Council nel programma “Elfo“. Fra gli scopi c’era proprio la nascita della pillola elettronica. Una sfida raccolta dal team dell’Iit, che è partito da un assioma: per funzionare i sensori hanno bisogno di circuiti elettrici, ma quelli presenti negli oggetti quotidiani non possono essere ingeriti. Così gli ingegneri hanno provato a stamparli con una tecnica a getto di inchiostro, come si fa in ufficio, o a casa. Nella cartuccia, però, c’è una soluzione di oro liquido. Un metodo che supera il nodo dei tempi – più veloci – e dei costi (più contenuti) rispetto ad altre soluzioni. L’altro elemento fondamentale è il polisaccaride in arrivo dalla corazza dei crostacei. Un strato sottile può assorbire l’acqua presente nell’organismo permettendo al congegno di agire.

«Questi apparecchi potrebbero essere impiegati nella diagnostica per costruire pastiglie digeribili in grado di eseguire analisi lungo l’intestino e rilasciare farmaci – spiega Alessandro Luzio, uno degli autori della ricerca –. Ci sono poi le applicazione nel campo alimentare per esempio per rilevare contraffazioni". Può capitare che una vivanda abbia superato la data di scadenza, ma sia ancora mangiabile. Oppure che sia già guasta senza averla oltrepassata. I sensori edibili potrebbe monitorare lo stato reale riducendo sprechi ed evitando malattie.

«Questo circuito – sottolinea Caironi – è un salto nel settore, così come è stato per la prima batteria ricaricabile e commestibile sviluppata nel nostro laboratorio. Ora stiamo lavorando alla comunicazione tra congegni, fondamentale per progettare sensori in grado di trasmettere in diretta all’esterno le informazioni raccolte nel corpo o per lanciare l’ordine di rilascio di un medicinale".

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