Milano – Per natura è nel novero delle interpreti che resistono alla tentazione di autoincensarsi. “Ma stavolta ho fatto davvero una cosa bellissima, uno spettacolo pieno, intenso, vivo”, ammette Malika Ayane col pensiero al tour di “a Teatro” che la deposita venerdì prossimo al Dal Verme, esaurito fino all’ultima poltrona, affiancata da Jacopo Bertacco e Stefano Brandoni alla chitarra, Raffaele Trapasso al basso, Filippo Cornaglia alla batteria, Marco Guazzone a piano e tastiere. “Una formazione dal suono incredibile, elegante, molto metropolitano, ma, al tempo stesso, cristallino e leggero, capace di creare in scena una grandissima tensione musicale ed emotiva che mi consente di cantare benissimo e divertirmi da matti, nonostante sia sola lì davanti e, quindi, tutto finisca per poggiare sulle mie spalle”.
Scaletta aperta?
“Abbiamo preparato una decina di brani in più di quelli in scaletta per avere un bacino a cui attingere a seconda delle suggestioni e degli umori della serata. Non superiamo mai, però, i 22-23 perché poi se no diventa un sequestro di persona”.
La reazione all’ultimo singolo “Sottosopra”?
“Buona, perché la facciamo in modo molto divertente. E molto differente dalla versione elettronica originale, d’altronde quando le canzoni sono ben scritte si prestano alle interpretazioni più diverse. Quel brano è inserito, infatti, in una parte “da salotto“ – chiamarla “acustica“ mi sembrerebbe un po’ cheap – molto calda e insinuante. Il clima è quello di un tramonto guardato dal balcone della casa al mare col bicchiere di Martini in mano. Ma in tutto lo spettacolo non c’è mai il volume “ignorante“ di certe esibizioni in cui, invece di stare a teatro, sembra di essere alla stazione o al lunapark”.
In scaletta c’è pure lo spazio per tre cover accorpate fra loro: “Nel blu dipinto di blu”, “La prima cosa bella”, che reinterpreta pure nella colonna sonora del film omonimo di Virzì, e “Cosa hai messo nel caffè”.
“Il pezzo di Modugno lo registrai per una campagna pubblicitaria di Alitalia, ma non l’avevo mai fatto prima dal vivo. È tornata a essere molto cantato sui balconi durante la pandemia e mi ha scritto un sacco di gente da ogni angolo del globo per raccontarmi cosa gli ispirasse. “La prima cosa bella“ l’ho registrata nel 2009 e mi ha dato tantissimo, se non la faccio la gente mi aspetta fuori dal teatro, mentre il brano di Riccardo Del Turco l’ho inciso nell’album “Ricreazione“ dopo averlo eseguito come cover a Sanremo. Credo siano tre canzoni scritte benissimo con quel gusto fine anni ’50-anni ’60 che s’è un po’ perso”.
A proposito di Sanremo…
“No, quest’anno proprio no. Devo registrare un disco pazzesco e non posso stare per mesi dietro ai tanti impegni del Festival. Entrando in sala prove ho avuto la visione del disco che volevo fare e sono pronta a mettermi al lavoro, con l’intenzione di uscire per l’autunno”.
Le sue canzoni a cosa tendono in questo momento?
“Da tempo nella scrittura ho deciso di boicottare la struttura classica del pop sentendomi più attratta dalla forma vicina allo standard jazz”.
Ha avuto qualche problema fisico.
“Sì, al femore. Ho tolto finalmente le stampelle e mi porto in scena solo un bastone ottocentesco molto chic, per appoggiarmi nel caso sentissi dolore. Ma ho deciso che sto guarendo e quindi… Sto guarendo. Per la felicità, a Torino, l’altra sera ho saltato pure un po’. Se lo viene a sapere il fisioterapista mi fa una scenata”.
Ha pure una Maratona di New York da recuperare.
“Mi stavo preparando, quando s’è manifestato il problema. Nel 2025, cascasse il mondo, la faccio”.
Ora che è stabile a Berlino, quali sono le differenze principali con il vivere a Milano?
“A Berlino ho una vita molto più lenta, qui il tempo scorre troppo in fretta. Lì faccio molte meno cose, insomma la vita che spero di fare “da grande“ dedicando le giornate alla pace e allo studio”.
Cosa le manca?
“Ogni tanto sento l’assenza dei miei amici. Però poi vengono a trovarmi e ci divertiamo”.
E quando torna?
“Ho gli amici di cui sopra che mi litigano e quindi, per non deludere nessuno, vado “in tour“ nelle loro case. Ho provato a prendere stanze d’albergo, ma non mi sono divertita tanto, quindi faccio dei gran pigiama party”.
Quali ricordi di bambina le vengono fuori?
“Andare a vedere decolli e atterraggi a Linate. Una quindicina di anni fa, girando lì una scena del video di “Come foglie“, mi sono ritrovata davanti alla stessa rete a cui mi aggrappavo a 7-8 anni per vedere gli aerei staccarsi da terra e scomparire nel cielo”.