
Sopra, un momento del live di Lazza al Forum (Jordan Babev)
Milano, 27 gennaio 2024 – Una struttura a forma di diamante, dalla cui superficie – grigia, dissestata e rocciosa – fuoriescono sei monolitici schermi neri. No, non è il set di un nuovo film alla Stanley Kubrick, ma il palco del Locura Tour di Lazza, che, con il concerto di ieri, ha concluso la tappa milanese all’Unipol Arena.
A svelarci i segreti del backstage sono Eleonora Peronetti, costumista, scenografa e docente alla Naba, insieme a Davide Pedrotti, dello studio di show design Blearred.
Dal titolo all’allestimento
“La produzione ha contattato lo studio del quale faccio parte sul finire dell’estate scorsa – inizia Pedrotti – chiedendoci di sviluppare un’idea per il palcoscenico di Lazza. Ci era stato indicato come punto di partenza il concetto espresso dall’album Locura, ossia la ‘follia’, intesa come insieme di ansia, pressione e confusione che costituiscono il rovescio della medaglia del successo. Così, per dare una dimensione fisica a sensazioni come instabilità e disordine, abbiamo pensato di rendere il palco, per definizione zona di comfort dell’artista, scomodo, quasi ostico”.
Da qui l’inusuale decisione di disseminare il pavimento di fessure che, a mo’ di ferite aperte, sprigionano fumo e luci. O di conficcare sulla superficie degli schermi che, al contempo, amplificano le immagini live e propongono frame ispirati all’immaginario dell’album.
Tradizione e contemporaneità
Ma, per passare dall’idea alla realizzazione pratica, fondamentale è stato l’intervento di Eleonora Peronetti. Lei con Blearred ha iniziato, ormai da un anno, quella che ama definire “una vera e propria sinergia, in tutto simile al rapporto che a teatro si insatura tra registi, scenografi e costumisti”.
Una metafora non casuale, visto che le prime esperienze professionali della giovane professoressa della Naba si collocano dietro le quinte degli spettacoli di lirica. “Trovo profondamente affascinante – spiega – applicare tecniche classiche a soggetti contemporanei. Ad esempio, il fondale del palco è una tela dipinta, come quelle che vediamo alla Scala. Solo che, al posto di raffigurare un’architettura o un paesaggio, ospita una materia luccicante, che dà un grande senso di profondità agli spazi scenici e riverbera le luci. O ancora, per la frantumazione del pavimento mi sono ispirata ad Alberto Burri e, in particolare, ai suoi Cretti, che rendono, fisicamente, l’idea di sgretolamento”.
Ma come si spiega la conformazione adamantina del palco? “È un’esplicita, e inaspettata, richiesta di Lazza, arrivata mentre noi già stavamo lavorando al progetto - sorridono Peronetti e Pedrotti - Durante una riunione di riallineamento, il cantante ha espresso il desiderio di cambiare la forma del palcoscenico, che inizialmente era più regolare. E ha scelto il diamante sia perché è un oggetto che ben si accorda con il suo immaginario di rapper, sia perché Sirio era appena stato certificato disco di diamante. Così, dopo un iniziale spaesamento, ci siamo messi all’opera per soddisfare una richiesta, che, a posteriori, si è rivelata un vero e proprio lampo di genio”.

Un’esperienza a 360°
In effetti, se, normalmente, i palchi garantiscono buona visibilità solo a una parte del pubblico, quello del Locura Tour offre un’esperienza coinvolgente per tutti gli spettatori. E questo proprio grazie a una punta centrale, sbozzata su misura, a piccoli promontori e avvallamenti, che replicano le sfaccettature della pietra preziosa, e alle ali laterali libere.
Eleonora parla di serendipità: “Quasi per caso, per una suggestione esterna, abbiamo modificato il progetto, dando poi vita a qualcosa di meraviglioso e che, inizialmente, non cercavamo nemmeno. Tra l’altro, Lazza ha partecipato molto attivamente e con passione a tutte le fasi della progettazione, cosa che ci è stata di grande aiuto”.
Ma come si arriva a un risultato del genere? Con esperienza, creatività e buon uso delle tecnologie, compresa l’Intelligenza artificiale. “A volte si percepisce quasi un pregiudizio in merito all’impiego dell’IA in ambito artistico - commenta Pedrotti - Ma la verità è che, se la si sfrutta bene, può essere un’ottima alleata per sviluppare un progetto grafico restando fedeli al proprio personale senso estetico”.
“Proprio come il computer – aggiunge Peronetti – l’IA sta innescando un cambiamento di paradigma che noi creativi non possiamo ignorare, ma del quale, piuttosto, dobbiamo sfruttare tutte le potenzialità”.