
Vincenzo Schettini, 48 anni, fisico, docente, musicista e youtuber. Nella foto, sul palco del concertone del Primo maggio
Nel laboratorio creativo di Still I Rise, i bambini daranno vita a un grande albero collettivo, fatto di colori, sogni e parole che parlano di futuro. All’interno del Thrive Multidisciplinary Center i più piccoli potranno svelare il superpotere che li rende unici. Si potrà anche fare il pane in un laboratorio sensoriale e simbolico, dove le mani in pasta “diventano metafora di equilibrio interiore, consapevolezza emotiva e crescita personale”. E poi tanta scienza del divertimento, per scoprire l’equilibrio fisico e chimico attraverso esperimenti basati su strumenti ed elementi d’uso quotidiano per esplorare le leggi della natura. Fino a domenica sera workshop, talk, jam session e spettacoli animeranno Edufest, il più grande festival dell’educazione che per il secondo anno torna a Cinisello Balsamo, nel Milanese, a Villa Ghirlanda Silva, dove sono attese 8mila persone, con un’edizione dedicata agli Equilibri. “Edufest 2025 parte da qui: dall’idea che l’equilibrio sia una tensione continua, una ricerca viva tra regola e libertà, tra ciò che siamo come individui e quello che costruiamo insieme. È un invito a guardare all’educazione come a uno spazio aperto, dove le domande contano quanto le risposte, e le differenze diventano risorse”, spiega Eros Giampiero Ferri presidente di Cooperativa Orsa, che organizza il festival con Progetto A. Dalle 18 alle 20 la cerimonia di apertura con una lectio magistralis dello psicoanalista Massimo Recalcati sul ripensare l’educazione tra senso della legge e funzione delle regole.
Cinisello Balsamo (Milano) – Un messaggio alla scuola, che ha bisogno di cambiamento. Un messaggio di scienza, perché «oggi è fondamentale far appassionare i ragazzi alle materie Stem». A chiudere Edufest, domenica dalle 17, sarà Vincenzo Schettini, fisico, docente, musicista. Lui che ha iniziato a usare YouTube per ascoltare le canzoni, oggi è un popolare influencer scientifico amato proprio dai più giovani. «Ho iniziato a vedere i professori americani che caricavano le lezioni. E così, a 41 anni, ho anche imparato da solo l’inglese. Questo è l’apprendimento. La scuola è pensiero, altezza e nobiltà intellettuale. Migliora te come valori, indipendentemente dallo svolgere un’equazione o conoscere la vita di Dante. Aiuta a scavare dentro, a capire chi siamo: a questo serve la cultura».
Domenica sarà un ritorno a Edufest. Che ricordi ha della scorsa edizione?
«È stata un’esperienza molto positiva: quel talk si è trasformato in una grandissima aula didattica davanti a me, piena di giovani, insegnanti, genitori. C’era gente in piedi ad ascoltare e ci sono state anche tantissime domande».
Il titolo del suo speech sarà ’Il cambiamento che ci piace’. Qualcosa inizia a muoversi?
«È proprio così. Qualcosa si muove anche dentro il mondo della scuola. Ci sono sempre più momenti di riflessione e di azione ed Edufest, in questo senso, è una bellissima occasione. Domenica proveremo a fare un viaggio nel cuore del mutamento per immaginare quali nuove competenze, quali nuovi sguardi ci servono per abitare appieno questo mondo che cambia continuamente. Abbiamo bisogno anche di riflettere su un settore che ha bisogno di cambiare e di trasformarsi proprio come modello».
Lei è seguitissimo e molto amato dai giovani per un linguaggio semplice e diretto, che rende afferrabili concetti non immediati, come la fisica. Per cambiare dobbiamo iniziare dalla forma?
«No, non credo. Il mio linguaggio piace, arriva, ma non è un elemento sufficiente per cambiare. Non puoi imporre un linguaggio con una circolare ministeriale».
Serve un cambio di passo di tutta la comunità educante?
«Serve che si inizi a investire sul corpo docenti. Gli insegnanti sono stanchi di riunioni interminabili, colloqui continui, firme su registri elettronici. E questo, a lungo andare, ti svuota. In questi anni, anche grazie al Pnrr, abbiamo investito tantissime risorse sulle tecnologie. Bene. Quando iniziamo a investire sui docenti?».
Si riferisce agli stipendi più bassi d’Europa?
«Investire sugli insegnanti non significa dare un aumento di 4 euro. Significa motivarli, puntare sulla loro formazione».
Mi fa un esempio?
«Pensiamo in grande. Prendiamo un docente e chiediamogli: ‘Tu sei un ingegnere. Cosa vorresti fare?’. ‘Voglio andare un mese alla Nasa’. Bene, pago io, ministero. Non significa che tu, professore, ti paghi il viaggio. Significa che io Stato crede nella tua voglia di conoscenza e apprendimento. E ti dico: ‘Vai, stai lì e guarda, impara, studia. Poi torna e riporta ai tuoi studenti quanto hai appreso’. Come sarebbero quelle lezioni? Quanto imparerebbero i ragazzi? Quanto lavorerebbe meglio quel prof? Quanto ritorno in scienza e cultura ci sarebbe sui banchi delle nostre scuole?».
Lo scorso anno ha parlato di scuola a docenti, studenti e insegnanti. Domenica quale messaggio vuole lanciare dal palco di Cinisello Balsamo?
«Un messaggio di pura scienza. Non siamo la Francia con le sue centrali nucleari e i suoi oltre 50 reattori, da cui il Paese trae il 70 per cento del suo fabbisogno elettrico. L’Italia non è autosufficiente e, se non svoltiamo in campo energetico, saranno problemi seri. Ma se non formiamo al meglio i docenti e li facciamo invece restare su una scuola vecchia, con programmi vecchi e metodi obsoleti, come potremo creare i giovani e i professionisti di domani? Ne abbiamo assoluto bisogno».
La scienza come possibilità di futuro?
«Lavoisier diceva una cosa bellissima: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Si trasformano la cultura e l’energia. I Paesi più in crescita sono quelli che puntano sulla conoscenza, come la Cina. Chissà come mai».