MASSIMILIANO MINGOIA
Cronaca

Vincolo su San Siro, ora il Comune attende il passo indietro di Milan e Inter sul progetto

Dopo il parere ufficiale della soprintendente, Palazzo Marino aspetta al varco le società

Una tifosa con in mano un gadget di San Siro, davanti allo stadio vero

Una tifosa con in mano un gadget di San Siro, davanti allo stadio vero

E ora che succede? La domanda sorge spontanea dopo la nota di venerdì in cui il Comune non solo ha svelato che la soprintendente Emanuela Carpani ha deciso di porre un vincolo culturale semplice sullo stadio di San Siro impedendone la demolizione auspicata da Milan e Inter, ma Palazzo Marino ha anche duramente contestato questa decisione, prefigurando la fuga del club fuori Milano e un Meazza trasformato in una Cattedrale nel deserto senza più calcio. E ora che succede? Il primo passaggio, molto atteso, è la presa di posizione diretta della stessa Carpani, che ancora non ha spiegato nel dettaglio quali sono le conseguenze pratiche del vincolo culturale semplice sulla Scala del calcio. Lo stadio non potrà più essere toccato? Oppure potrà essere almeno in parte ristrutturato? A quanto si apprende la parte intoccabile di San Siro è il secondo anello, che nel 2025 compirà 70 anni, la scadenza che fa entrare un bene architettonico nella categoria di bene vincolabile.

Il Comune, comunque, nella nota di venerdì dettata dal sindaco Giuseppe Sala, è arrivato a una conclusione netta: "Si ricorda, ancora una volta, che il progetto di un nuovo stadio presentato dai due club contemplava l’abbattimento dell’attuale impianto. Se confermata, la decisione della Soprintendenza avrebbe conseguenze gravi non solo per il futuro dello stadio e per la sua sostenibilità economica, ma anche perché ridurrebbe di molto le possibilità che le squadre restino a Milano con un nuovo impianto". La fuga di Milan e Inter da Milano si intravede già in alcuni atti concreti. I rossoneri lo scorso marzo hanno puntato sull’area dell’ippodromo La Maura per la loro nuova casa e, una volta tramontata l’ipotesi La Maura, hanno puntato dritto sull’area San Francesco a San Donato Milanese e hanno chiesto al Comune dell’hinterland una variante urbanistica per poter realizzare il loro nuovo impianto.

I nerazzurri, invece, hanno chiesto e ottenuto l’esclusiva su un terreno a Rozzano di proprietà di Infrafin, società controllata dai gruppi immobiliari Bastogi e Brioschi, a poche centinaia di metri dal Forum di Assago e dalla fermata M2 Assago Forum. Entro il prossimo 30 aprile l’Inter deciderà se presentare un progetto di fattibilità del suo nuovo stadio a Rozzano oppure no.

Ma torniamo al nodo San Siro. La domanda "e ora che succede?" va rivolta soprattutto a Comune, da una parte, e Milan e Inter, dall’altra. Dal fronte della Giunta di Palazzo Marino, infatti, ricordano che è ancora aperta una procedura amministrativo-urbanistica che riguarda il progetto presentato nel 2019 da rossoneri e nerazzurri, il progetto che prevede la realizzazione del nuovo stadio nell’attuale parcheggio e parco dei Capitani e la successiva demolizione del Meazza per lasciar spazio a un distretto commerciale e sportivo.

Una volta che la Carpani avrà confermato che su San Siro c’è il vincolo, chi farà la prima mossa? Palazzo Marino o i club calcistici? L’impressione è che il Comune, prima o poi, partirà in pressing sui club per sapere la loro posizione sul progetto San Siro. Ma saranno Milan e Inter a dover presentare un atto ufficiale di rinuncia al progetto congiunto che appare ormai più morto che vivo. Solo quell’atto delle due società calcistiche milanesi sancirà la definitiva fine del tormentone del nuovo stadio di San Siro. Un tormentone che il prossimo settembre compirà quattro anni esatti, visto che il progetto rossonerazzurro era stato presentato al Politecnico in Bovisa il 26 settembre 2019.

Sul caso San Siro, intanto, interviene Marco Accornero, segretario generale di Unione Artigiani. "Ci auguriamo che il buon senso prevalga, altrimenti serve mettere immediatamente in campo una task force per reinventare il futuro di San Siro. La scelta del sovrintendente salva San Siro ma rischia di trasformarlo in una cattedrale nel deserto e produrrà effetti negativi a cascata. Lo stop al nuovo stadio compromette oltre un miliardo di investimenti privati e cancella tutto l’indotto, oltre ad addossare al Comune di Milano 10 milioni di euro l’anno di costi di manutenzione del Meazza senza introiti certi. Se a questo punto Milan e Inter, come già annunciato, vorranno costruire i loro nuovi stadi a San Donato e Rozzano, avremo anche la beffa di ritrovarci con un ulteriore gigantesco consumo di suolo tra impianti sportivi, parcheggi e viabilità di accesso".